CANTARE ITALIANO TRAINING:

MAESTRI DI REALTÀ VIRTUOSE

Le orecchie non sono buchi

dai quali il suono entra nel cervello: non è superfluo ripetere spesso che ciò ascoltiamo e etichettiamo "realtà" è un prodotto sintetico, immaginato, in altre parole virtuale.

 

(Che bella notizia: non ci sono "bei vecchi tempi" analogici da rimpiangere: viviamo nella realtà virtuale da sempre!)

 

Il cervello non fa differenza tra quelle che sono comunque immagini - siano esse basate su stimoli sensoriali esterni oppure formulate direttamente nel cervello: la loro parità di realtà è tale che queste immagini possono essere parimenti fastidiose (come nel caso di una canzone che non riusciamo a toglierci dalla testa), come anche produttive (Beethoven, che componeva privo dell'udito esterno).

 

Si tratta in entrambi i casi di prodotti virtuali, sintetizzati dal cervello sulla base di campionamenti.

 

L'ascolto è una forma di

I M M A G I N A Z I O N E.

Questo vale anche per la nostra stessa voce, parlata o cantata.

 

Il nostro cervello non fa grosse differenze tra quando la nostra voce se la immagina solo lui e quando invece la ri-ode in differita - "postuma", "di seconda mano" - dall'esterno, dopo che è stata emessa (cioè quando diventa udibile anche da qualcun altro accanto a noi).

 

Per inciso: il nostro autoascolto vocale "postumo" è sempre un mix di una componente aerea e una ossea, la quale, seppur più interna di quella aerea, è comunque da annoverarsi come "postuma", ovvero percepita "a babbo morto" - laddove la voce pensata di cui qui parliamo è quella del tutto muta, ossia che non necessita di aria in quanto non arriva a far vibrare le corde (né il timpano; eppure è da lì che a un certo punto germina la voce cordale).

Ciò detto, queste tre voci - muta (senz'aria), ossea e aerea (entrambe cordali, ovvero con aria), che menzioniamo nel loro ordine sia di apparizione alla percezione del cantante, che di importanza professionale ai fini del suo mestiere - sono tutte voci parimenti immaginate, ovvero tradotte in immagini, dal cervello, e ciascuna accompagnata da peculiari sinestesie.

 

Infine, è bene ricordare che queste tre voci sono sempre tutte compresenti, nell'istante presente dell'atto vocale, presiedendone a funzioni diverse: ragion per cui esse non si occupano mai della medesima cosa - del medesimo suono e della medesima vocale - durante l'atto vocale del cantante esperto, il quale le usa per giostrare una sinergia di compiti e di tempi che concorrono a creare l'illusione del complesso momento presente, comunemente percepito come tale da chiunque ascolti. (Il cantante meno bravo, invece, gestisce queste tre voci in maniera alquanto omoritmica - ecco.)

 

C'è una sola, fondamentale differenza, tra la voce muta e quella percepita postuma: che la prima è viva e canta all'indicativo presente, mentre la seconda è vestibolo del tempo passato: per quanto possa fornire occasionalmente un feedback al nostro ascolto periferico, va lasciata andare e basta; anzi il difficile è proprio imparare a ignorarla, per non avere un continuo ritorno in cuffia tra realtà acustiche discrepanti.

Hai voglia a dire che "si canta come si parla"; hai ben voglia di recitar cantando, se non tieni ben presente che, quando stai parlando DAVVERO, non ti ascolti MAI dall'esterno (al punto riascoltando la tua voce parlata registrata spesso la ripudi come estranea) perché, se iniziassi a farlo, la cosa ti confonderebbe al punto da dover smettere di parlare.

 

Ho testimoniato autentici miracoli vocali, in alcuni allievi venuti da me come casi disperati, quando sono riuscita a convincerli di smettere di ascoltarsi dall'esterno (mentre ne facevo musicisti più preparati e consapevoli dall'interno, ossia mentre li dotavo di contenuti, di cose da dire).

 

L'agio e la facilità sono i presupposti, del Belcanto; sono richieste non negoziabili per indurla, la bravura, non sono conseguenze di essa, appannaggio di pochi eletti.

Nessuno è bravo quando si approccia a qualcosa con difficoltà.
La facilità è uno stato mentale incondizionato.

 

Ad Agio: lo abbiamo letteralmente inventato noi, questo concetto. E ha spopolato.

Ascoltarsi mentre si canta è come specchiarsi nelle vetrine mentre si cammina: oltre ad essere pericoloso, ti fa sembrare stupido e insicuro, e ti fa arrivare più tardi di quel che potresti ovunque tu stia andando.

 

Lo so, a cosa stai pensando: è proprio così che ti hanno, direttamente o indirettamente, insegnato a cantare. I tuoi maestri ti hanno insegnato l'importanza delle apparenze, della voce. Più raramente, l'importanza dei contenuti: "Cosa sto dicendo e perché? Ho qualcosa da dire?"

Ancora più raramente a prenderti cura della qualità dei tuoi pensieri, della tua immaginazione vocale e del tuo agio fisico, in qualità di fonti esclusive di maestria canora.

 

Ti hanno insegnato a ruminare la voce come le mucche l'erba - il che non è del tutto sbagliato finché questa ruminazione è silente - proprio come quella dei bovini, educatissimi (rispetto ai cantanti) - e lungamente irrigata dalla partitura, aspersa nella mente quando le orecchie esterne sono lasciate in pace (perché quelle interne stanno progettando).

O si studia così o si nutre il proprio canto del proprio vomito vocale - se mi è concesso il francesismo.

 

Quale architetto chiederebbe l'edificazione di qualsiasi cosa senza aver prima fornito disegni, modelli, calcoli? La maggior parte di voi vocalizza e canta come un carpentiere che abbia ricevuto l'ordine assurdo di impilare massi pesanti, disposti vagamente a forma di casa, così - finché reggono.

Vi hanno insegnato a innamorarvi della bella voce come prodotto performativo delle vostre interiora, lodate nei giorni buoni e incolpate in quelli meno buoni...

 

...perché chi se ne frega di ciò che uno sa "solo" immaginare?
Che ce ne viene, dal nutrire l'immaginazione dell'allievo?

 

Se non fosse che anche quando ti guardi le mani e te le tocchi stai immaginando, ciccino.
Tutto ciò che sappiamo dell'esistenza è una forma, diversamente integrata, di immaginazione.

 

Ciò detto: vi va di (re)imparare a cantare dall'immaginazione, anziché dai rigurgiti delle vostre interiora?

La smettiamo con questo copia-incolla dal passato, glorioso o inglorioso che sia?
Ci vogliamo nutrire e far ispirare da una sorgente limpida, a cui abbiamo accesso?
Vogliamo imparare a gestire questa connessione con tutte le altre immagini?

Sì o no?

Il Cantare Italiano è l'uovo di Colombo: l'italiano canta bene perché pensa bene, in modo choaroscurale - semplice e tattile - e perché è agevole, nella bocca e nel corpo.

 

Il Cantare Italiano ha delle strutture così semplici da renderlo facilmente prevedibile, ovvero da aiutare per sua natura il cervello a ricostruire, anche a posteriori, queste strutture stesse: è imbattibile, ad esempio, nel far credere al cervello di aver sentito, nei tempi presti, cose che, a ben guardare, non sono mai state dette.

L'italiano è buono per farci pattern.

L'italiano è buono per farci memoria.

L'italiano è buono per farci il Tempo.

 

Se mi segui da un po', queste cose le sai.

E se non le sai, è tempo che tu le sappia:

 

tra un mese parte il mio primo corso di formazione al Cantare Italiano.

Sarà fornito in due versioni separate, monolingua: italiana e inglese.

 

Si terrà a partire dall'autunno 2024 e si chiuderà entro la primavera 2025, in 15 sessioni di gruppo, da 2 ore ciascuna, che vedranno coinvolti massimo 4 partecipanti - i quali prima apprenderanno da me e poi applicheranno, insegnandosi a vicenda sotto la mia supervisione.

 

Il costo complessivo del corso è di €999 a partecipante.

Rispondi a questa email se ti interessa partecipare.

Sono un po' nervosa all'idea di iniziare, finalmente, ma sarà pazzesco.

Sarà il futuro, anche anteriore, letteralmente.

 

La Maestra

:PS: Nel frattempo, studia applicando il mio Metodo di Studio in 12 Steps e facendo tesoro del Cantare Italiano ARKive, degli estratti dalle mie Lezioni e, certamente, puoi sempre contattarmi per lavorare con me da solo (alcuni dei pacchetti sono ancora disponibili).

Recentemente caricati sul Cantare Italiano ARKive:

  • ruoli completi di Calaf (Turandot), Des Grieux (Manon Lescaut), Radames (Aida);

  • ruolo di Luigi e aria di Giorgetta (Tabarro);

  • partitura completa di Love & Fury, di Salvatore Sciarrino (feat. Barbara Hannigan)

  • aria di Rinuccio (Schicchi)

  • aria di Fenton (Falstaff)

  • scena e aria di Smeton (Anna Bolena)

  • recitativo e aria di Tancredi (idem)

  • scena del Salice di Desdemona (Otello di Rossini)

  • ruolo dell'Emigrante da Intolleranza 1960 di Luigi Nono...

The CANTARE ITALIANO ARKive
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extremely good at this (Graham Vick)

 

a fantastic coach, extremely helpful for young singers as well as experienced ones (Barbara Hannigan)

 

lingual and linguistic genius, almighty for vowel purity (Peter Tantsits)

 

bringing the language, the music and the characters to life; results of the very highes quality (Paul Nilon)

 

the foundation of a role, doesn't go on stage if she hasn't worked with me on it (Jennifer Rowley)

 

magic keystone of vocal technique, musical interpretation and building of the character: a radical rethink of the act of singing (Anna Piroli)

 

her incredible breadth of knowledge makes me feel entirely prepared (Heather Lowe)

 

opened up my voice, and a world before my eyes; every Conservatory should benefit of her teachings (Giulia Zaniboni)

 

a 180° turn in my work with the singers (Theophilos Lambrianidis)

 

like four professionals in one: taking all those elements and conveying them into one single intention (Yiselle Blum)

 

invaluable to make a role really succeed on stage (Ariadne Greif)

 

thoroughly prepared and professional (Marie Kuijken)

 

her work favours deep understanding, which makes the phrasing and vocal line.

she is entirely devoted to the art of Opera singing, and her students (Ida Falk Winland)

 

incredibly informed, consistent, knowledgeable Maestro (Michael Corvino)

 

a lifeboat; carrying the torch of finest Italian Opera (Nathaniel Kondrat)

 

a cure and a respect of the Music and the words’ musicality

that can be learnt so deeply nowhere else in the world (Matilde Bianchi)

 

an unconventional guardian angel (Giulia Ferraldeschi)

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