NOTIZIARIO 2/21 Rinascita 18 Società Benefit Alta Formazione Antroposofica e La Questione Sociale Anno I numero 2 | Luglio 2021 Bollettino mensile d'informazione e rubrica di notizie | Direzione editoriale: Margarida Tavares | Direttore responsabile: Maria Samonà | Redazione: Alma Nicolicchia, Yoris Velcich | Sede legale, amministrazione, Via Alessio Narbone 58, Palermo | Master Pedagogia Waldorf e Pedagogia Terapeutica, Medicina Antroposofica, Arteterapia, Ecologia e Biodinamica. Argomenti: MARCUS FINGERLE, ANTROPOSOFIA 1° PUNTATA, CONSIDERAZIONI SU LA QUESTIONE SOCIALE, TRIPARTIZIONE E SPORT, OGNI UOMO È UNA STELLA, |
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Editoriale In questo mese appena trascorso abbiamo dovuto salutare un carissimo amico, il Prof. Marcus Fingerle, che ha varcato la soglia il 9 Giugno. A lui vanno i nostri più cari pensieri e la nostra gratitudine per ciò che ci ha trasmesso con il suo insegnamento sulla pedagogia curativa. E proprio alla pedagogia curativa, in omaggio a lui, è dedicato uno spazio in questo notiziario. Abbiamo tratto dal numero 35/36 della rivista Kairós del 2002 una intervista a Georg Kühlewind (1924-2006), notissimo nome nel campo della pedagogia Waldorf internazionale. In essa, Kühlewind ci fa scoprire “i bambini delle stelle”, nuova generazione di individualità che già da qualche tempo si incarnavano sulla Terra con competenze particolari. Seguendo questa lettura, molto avvincente, la considerazione da fare può essere questa: Alla fine del secolo scorso sempre più ci si è accorti che un crescente numero di bambini, i nuovi arrivati sulla Terra, avevano insolite e diverse capacità. Capacità che era molto difficile assimilare all’interno dei canoni della strutturata pedagogia. Questi bambini, incompresi e considerati “diversi” sono incappati, quindi, nelle maglie di una scienza che li ha ghettizzati e che ha cercato di ridurli alla possibile convivenza sociale, con cure farmacologiche, senza che il sociale modificasse alcunché di se stesso per far loro posto. |
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Da qui sono nate nuove classificazioni di disturbi, preferibilmente dell’attenzione e dell’apprendimento. In questo primo ventennio del secolo si sono moltiplicate come numero le presenze che venivano definite anticamente come “bambini indaco” e diventa davvero indispensabile che la pedagogia Waldorf, soprattutto quella che un tempo era definita “curativa”, diventi insostituibile patrimonio della società, per far si che questa allarghi gli spazi di accoglienza alle nuove generazioni e cresca anch’essa nel comprendere i disagi e vi ponga un rimedio armonico per grandi e piccoli. La domanda quindi diventa: in questo momento è più che mai evidente che l’umanità può scegliere se la malattia sia un nemico da combattere, creando quindi dei malati con il loro sentiero di sofferenza e disagio esistenziale senza futuro; o se invece la “malattia” sia una miopia da parte di chi la guarda e servano occhi nuovi per scrutare e poi percorrere nuovi orizzonti. Allora: possiamo creare un varco che diventi sempre più un sentiero luminoso? Buona lettura! Maria Samonà (ndr) Georg Kühlewind, nome di nascita György Székely era un filosofo, scrittore, docente e insegnante di meditazione ungherese, che lavorava secondo la tradizione della scienza spirituale di Rudolf Steiner. |
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Marcus Fingerle ha varcato la soglia Questo evento ha attraversato le anime di tutti noi suscitando una profonda commozione e anche un grande dolore, il sentimento di una perdita incolmabile. Ci ha messo di fronte all’enigma della morte che è il mistero della vita. Ci ha messo di fronte con la massima intensità possibile all’enigma dell’esistenza stessa. Il suo trapasso è stato così improvviso, così rapido e inaspettato da fare sentire in modo acuto, che l’impossibilità di comunicare con lui, che l’impossibilità di vederlo di ascoltarlo, era come una perdita indelebile che lasciava un vuoto irreparabile. Ma se l’evento della morte racconta qualcosa della vita inserendosi come l’impronta trascendente dentro la corrente dell’esistenza, vi è in questo trapasso nel regno dell’invisibile , così inaspettato, così improvviso, qualcosa che ci racconta di lui, del suo essere così discreto, così garbato ,qualcosa della delicatezza e del rispetto con cui si accostava agli altri, con cui si relazionava alla vita. Un congedo rapido e silenzioso in cui vi è come il segno della sobrietà e della discrezione che caratterizzavano il suo modo di essere. Certamente l’improvvisa fulminea rapidità con cui ci ha lasciato ha creato dentro di noi un grande vuoto . Ancora è vivida nella memoria la sua immagine, e la sua voce risuona ancora dentro di noi come se fosse presente. Ma proprio il fatto che attraverso il trapasso nella regione invisibile dello spirito si è sgretolata la nostra certezza di vederlo, di ascoltarlo, di comunicare con lui, si sono annullate quelle cose ovvie a cui la morte toglie il terreno sotto i piedi, proprio questo vuoto, questa mancanza di mezzi esteriori per comunicare con lui, proprio questo ci apre alla possibilità di entrare in relazione interiore con la sua essenza, di cogliere l’essenza della sua anima senza mediazioni. Quell’anima che prima era accessibile esteriormente con il suo tratto, con il suo gesto, con tutto suo modo di essere ora ci parla da dentro, dalle profondità più intime della nostra anima. Se si prova dunque a cogliere interiormente l’essenza della sua anima al di là di ogni velo, se la si prova a caratterizzala nei suoi aspetti più intimi, allora si sente interiormente che la caratteristica più propria del suo modo di essere, la caratteristica fondamentale del suo stato interiore era questa: una apertura incondizionata alla ricerca del senso dell’essere. Questo portava con sé un altro elemento fondamentale della sua personalità: il fatto di non avere certezze, di non avere convinzioni presupposte. Proprio questo gli conferiva la facoltà di una radicale apertura verso tutti i temi della realtà, di un ascolto aperto a tutti i problemi dell’esistenza. Questo atteggiamento lo preservava da ogni posizione assertiva, lo preservava dal chiudersi in una visione dottrinaria della realtà e gli dava una apertura completa verso il problema dell’essere come base della ricerca della verità. Ma nel suo modo di porre il problema dell’essere, nel suo modo di vivere la ricerca del senso dell’essere nulla rimaneva nel regno di una astratta conoscenza. Questa ricerca non rimaneva astratta o puramente speculativa, ma sprofondava nell’esistenza concreta e per questo si mutava nella domanda: chi è l’uomo? Il problema dell’essere si mutava nel problema dell’uomo. L’uomo nella sua concreta attuazione esistenziale era vissuto come il luogo dove si svela tutto il problema dell’essere, il luogo dove l’essere si svela nei suoi misteri più profondi, dove la verità si schiude dai fondali dell’esistenza. Proprio per questo la ricerca del senso dell’essere coincideva in lui con la ricerca di ciò che è umano, come il vero che si mostra attraverso i labirinti dell’esistenza. Questa ricerca non si era sovrapposta al suo percorso esistenziale, ma in qualche modo coincideva con esso. Nato nel contesto storico europeo che si era creato dopo la seconda guerra mondiale ne aveva già assorbito i temi e le contraddizioni nello scenario familiare. Il padre infatti proveniva dall’ambito della cultura tedesca, mentre la madre era romana. E forse questo gli diede immediatamente la possibilità di sperimentare precocemente nello stesso ambiente familiare da una parte qualcosa dell’atmosfera spirituale tedesca orientata verso le ragioni metafisiche dell’esistenza della natura e dell’uomo ,e dall’altra parte qualcosa del carattere della cultura italiana incline ad aprire l’anima alla immediata visione luminosa del bello che si svela ai sensi davanti allo spettacolo della natura e delle opere umane. Si era formata in lui da questa doppia presenza , da una parte del mondo spirituale nordico con la sua aspirazione gotica verso le altezze, e dall’altra degli scenari italiani illuminati dalla trasparenza luminosa delle manifestazioni dei sensi , una anima estetico filosofica., un anima che aveva trasferito nella sfera del pensare l’elemento creativo dell’arte. Un’anima estetico filosofica che si andava schiudendo entro le contraddizioni dolorose della vita., che scrutava entro i fatti dell’esistenza la potenza drammatica del divenire umano. Fu proprio questo complesso vissuto biografico gli diede la capacità d al di leggere all’interno della sua esistenza personale le tragiche contraddizioni della storia europea recente. Gli orrori delle dittature e delle guerre avevano destato un lui l’anelito verso un nuovo umanesimo che potesse risorgere dalle ceneri della vita spirituale europea. Questo aveva sviluppato in lui un profondo intendimento verso le vicende umane, verso l’intrecciarsi di ideali e di destini nell’avvicendarsi degli eventi storici, una vera e propria coscienza storica maturata dalla lettura degli eventi della vita personale entro lo scenario familiare e sociale. Da questo erano nati precocemente i suoi interessi verso la filosofia, l’antropologia e la psicologia, ma anche la sua viva partecipazione al fermento politico e sociale in particolare nei suoi anni giovanili. In questo clima di viva partecipazione alla vita spirituale contemporanea avvenne l’incontro con l’antroposofia . Proprio sul terreno della sua travagliata biografia l’antroposofia potè agire come un potente impulso che pervase tutta la sua esistenza, come uno strumento spirituale per rivisitare e rielaborare le sue esperienze e le sue conoscenze, per potere interpretare nelle loro ragioni più profonde i bisogni e le esigenze spirituali dell’umanità contemporanea entro la quale affondava la sua umanità. Fu proprio questo suo travaglio spirituale, questa sua ricerca del vero attraverso l’incontro umano che gli rese possibile di cogliere gli aspetti più profondi e più autentici dell’impulso spirituale antroposofico, di cogliere l’antroposofia come l’impulso più potente per un nuovo umanesimo, di cogliere l’antroposofia come la vita spirituale che si schiude dall’incontro con ogni essere umano, dall’incontro con ogni essere, dall’incontro con l’Essere. Proprio da questa antroposofia vissuta come filosofo, come terapeuta e come uomo, da questa antroposofia vissuta come forza medicatrice del dolore umano, come luce che illumina il senso dell’esistenza, derivava la fluidità mirabile della sua parola capace di esprimere in modo trasparente e semplice i contenuti più profondi, di dare ai temi universali dello spirito il calore più intimo dell’anima. Ha dovuto abbandonare il suo corpo, ha dovuto separarsi da noi per una necessità iscritta nella saggezza imperscrutabile del destino, ma nulla potrà separarci dal calore che emanava dalla sua anima e dalla vita traboccante del suo spirito. I nostri cammini resteranno uniti nel calore dell’anima e nella luce dello spirito! Camelo Samonà |
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Pubblicazione a puntate da uno scritto del Dott. Carmelo Samonà ANTROPOSOFIA 1° puntata 01/07/2021 Per poterci avvicinare a quella corrente spirituale che prende il nome di Antroposofia in modo da intenderne i contenuti e i metodi può essere utile farci una idea della sua collocazione nello scenario generale dell’evoluzione dell’umanità. Per fare questo dobbiamo considerare il fatto che la struttura della coscienza e il suo modo di sperimentare la realtà non hanno una forma statica, ma si modificano e si trasformano nel tempo. La coscienza umana è intrinsecamente legata al tempo che costituisce il substrato della sua evoluzione. Essa porta entro di sé il tempo come condizione per trasformarsi ed evolversi. Il modo con cui sperimentiamo la realtà si modifica sempre più profondamente quanto più retrocediamo nelle epoche passate e d’altra parte sarà soggetto ad altrettanto profonde trasformazioni nel futuro. Se ci spostiamo a ritroso di qualche millennio, prendendo i considerazione quelle civiltà e quelle culture che hanno preceduto l’epoca dei Greci, o addirittura se ci spostiamo all’inizio della stessa civiltà greca, allora ci rendiamo conto che l’umanità sperimentava la realtà in modo radicalmente diverso da noi. Sperimentava la realtà attraverso la potenza introspettiva dell’immagine. L’immagine era lo strumento per esplorare le profondità dell’essere. Proprio nella civiltà greca la potenza dell’immagine è regredita e su di essa si è stratificato l’intelletto come strumento interpretativo della realtà esteriore. L’immagine scendeva in profondità ma lo faceva in modo spontaneo, con quella spontaneità che è propria del sogno. L’uomo veniva sospinto dalla forza dell’immagine nei substrati più intimi dell’essere. Era l’immagine che suscitava istintivamente il sentimento di unione con ciò che dall’interno si intesse nelle manifestazioni della natura. L’immagine era l’espressione della forza istintiva che metteva in relazione la coscienza col versante interiore del mondo, cioè con quella regione abitata da esseri operanti nella natura e dominata dalla volontà degli Dei. In realtà era la volontà degli Dei che suscitava nell’uomo in modo istintivo l’immaginazione come esperienza interiore di ciò che esteriormente si manifesta nella natura. La natura stessa veniva sperimentata come immagine, cioè come il linguaggio attraverso il quale gli Dei si manifestano agli uomini. Era dunque compenetrata di sacralità. Questo stato della coscienza dominato dalla forza spontanea dell’immaginazione viene denominato nella letteratura antroposofica chiaroveggenza istintiva. In questa condizione della coscienza l’uomo era portato a conformarsi alla volontà sovrumana degli dei e di coloro che maggiormente la rappresentavano nella vita sociale, che maggiormente per la loro posizione all’interno della stirpe erano espressione di questa volontà, cioè gli anziani, e tra di loro in particolare i sacerdoti, proprio perchè la volontà degli Dei si manifestava attraverso i legami di sangue, legami in base ai quali si configurava l’ordine sociale. Sulla base dei legami di sangue si risaliva sino al capostipite, a colui che aveva inaugurato la vita della stirpe e, attraverso il capostipite, attraverso un patto con la divinità che risaliva al capostipite, si stabiliva il rapporto col territorio proprio perché il territorio e l’intera natura erano concepiti come la dimora e quindi come la proprietà degli Dei. Occupare uno spazio significava entrare in relazione con la divinità, così come risalire a ritroso nel tempo attraverso le generazioni significava ricostruire la propria relazione con la divinità da cui la stirpe trae origine attraverso il capostipite. Vi era dunque una relazione spazio-temporale con la dimensione metafisica degli dei, dimensione che comunque veniva considerata immanente rispetto agli esseri e ai processi della natura. Nell’ambito della chiaroveggenza istintiva la coscienza non veniva sperimentata come attributo dell’individualità, ma come attributo della propria appartenenza alla comunità attraverso i legami di sangue. La comunità umana viveva nel grembo della divinità e l’individualità viveva nel grembo della comunità. Questo significa che la relazione col corpo e con l’anima era completamente diversa da quella che caratterizza la coscienza contemporanea. Si potrebbe dire che in quei tempi remoti l’uomo stava in relazione per mezzo del corpo con l’anima del mondo. Infatti il corpo lo collocava in mezzo alla natura dove vivevano esseri sovrumani. Questi esseri costituivano l’anima del mondo e si manifestavano attraverso la natura, annunciavano la loro presenza attraverso i fenomeni naturali. Collocandosi col corpo entro la natura e muovendosi in essa l’uomo sentiva di essere immerso nell’anima del mondo che si rivolgeva a lui attraverso gli eventi naturali. Era la capacità di muoversi nel mondo per mezzo del corpo che metteva l’uomo in condizione di entrare in relazione con gli dei. Il movimento era mediatore della relazione con gli Dei. Il corpo che si muove era lo strumento di relazione con la dimensione sacra della realtà. Conoscere era l’atto immedesimativo di una volontà in movimento. Questa stagione della coscienza entra progressivamente in declino e questo declino è il risultato della progressiva demarcazione della coscienza rispetto alla natura o, se vogliamo, in senso più generale della divisione e della contrapposizione tre coscienza ed essere. La coscienza si retrae in se stessa respingendo fuori di sé la natura e questo retrarsi coincide con una radicale trasformazione del ruolo e della posizione dell’immagine nella relazione tra la coscienza e la realtà. L’immagine viene depotenziata e spostata nello spazio soggettivo della coscienza. In tal modo perde la forza di immergersi nella realtà. Questa si inabissa al di sotto della coscienza e assume la forma del sogno. Il sogno è un relitto della antica chiaroveggenza istintiva. Questo inabissarsi coincide con la facoltà di trasferire entro lo spazio soggettivo della coscienza la facoltà dell’immagine in modo da disporne intenzionalmente. Prima la facoltà dell’immagine si sviluppava spontaneamente venendo suscitata dagli eventi naturali, ora invece viene suscitata intenzionalmente a partire dal soggetto. Da una parte l’essere viene respinto verso fuori e da questo respingimento ne deriva la forma oggettiva della realtà. Nello stesso tempo l’immagine viene spostata verso dentro e da questo spostamento ne deriva la facoltà soggettiva della rappresentazione che assume il carattere della memoria e della fantasia. L’avere respinto l’essere fuori di sé sta all’origine dello spazio come categoria universale entro la quale viene sperimentato tutto ciò che sta al di fuori del soggetto e si contrappone ad esso dall’esterno. L’avere incorporato dentro di sé l’immagine sta invece all’origine del tempo come categoria universale della rappresentazione di sé. Questo processo di trasformazione della coscienza e rappresentato in varie forme e in varie versioni nella tradizione mitico religiosa antica. Può essere considerato come un furto del tempo e una caduta nello spazio. Infatti rispetto alla coscienza originaria il tempo non viene più sperimentato entro la realtà, cioè come substrato dello spazio , substrato che custodisce la memoria del divenire universale nel quale l’uomo nella sua esistenza singolare si trova racchiuso. Nella coscienza arcaica la memoria non aveva un carattere individuale ma scorreva da generazione in generazione come memoria della stirpe e, oltre la stirpe come memoria delle azioni degli dei,sino a risalire all’origine del mondo. La memoria aveva un carattere oggettivo, universale e veniva evocata spontaneamente dai luoghi. Attraverso i luoghi gli dei raccontavano le loro gesta. I luoghi evocavano il ricordo della creazione. In ogni fonte, in ogni albero, in ogni angolo della natura vi erano esseri che raccontavano. Ogni luogo era la sorgente di un racconto, di una storia di una memoria. Ogni spazio era intessuto nel tempo. Il tempo sorgeva spontaneamente dalle profondità dello spazio. Lo spazio si dilatava nel tempo che era popolato da esseri che raccontavano. Questo si rispecchiava nella sfera sociale in cui le festività erano l’opportunità di evocare attraverso il ritmo della danza e della parola la memoria delle gesta degli antenati, degli eroi e degli dei. Lo spazio era lo scrigno che custodiva i misteri del tempo e ,attraverso i riti e le festività il mistero del tempo veniva evocato in modo da risvegliare la potenza creatrice dell’immaginazione mitopoietica. Lo spazio era saturo di tempo, era come un vaso che traboccava di tempo e per questo l’uomo era in una condizione di adorazione immedesimativa della sacralità della natura. La fine di questa fase originaria della coscienza consiste in un certo senso in un furto del tempo, nella capacita di trasferire il tempo nello spazio ristretto della coscienza soggettiva. Questo determina il tramonto per la coscienza dell’esperienza del tempo oggettivo, di quel tempo che alle origini risiedeva entro la realtà, oltre lo spazio, oltre l’immagine oggettiva della realtà. Questo tempo sprofonda al di sotto dell’orizzonte della coscienza, si inabissa nell’incoscienza. Il primo atto in cui viene istituita la proprietà privata è l’appropriazione del tempo da parte della coscienza. Il primo bene che si trasforms in proprietà privata individuale è il tempo. Il tempo pascolava nel territorio degli dei, se vogliamo allo stato brado. Venne rapito dagli uomini e venne trasferito nel recinto della coscienza individuale. Infatti sul tempo si appoggia la capacità dell’io di rappresentare se stesso, di entrare nel possesso della propria identità esistenziale. Il tempo che prima era il substrato per entrare in relazione con la divinità che parlava della storia della creazione e del divenire di ogni cosa attraverso le manifestazioni della natura, viene trasferito nell’interiorità per diventare proprietà dell’io e substrato dell’io per la rappresentazione di se stesso. L’uomo acquisisce la capacità di immagine e, sulla base di questa, la coscienza individuale. In tal modo la sfera del tempo viene staccata dall’ambito universale e trasferita nell’ambito individuale. Cessa di prodursi in modo spontaneo attraverso la relazione con la natura e in quanto attributo dell’individualità acquisisce un carattere intenzionale. Questo complesso processo di trasformazione della coscienza determina una inversione dell’esperienza del tempo. Si può dunque parlare di una rotazione e di una inversione dell’esperienza del tempo. Mentre in origine il tempo veniva sperimentato entro la realtà come la presenza operante degli Dei, ora si sposta entro lo spazio soggettivo della coscienza. Si potrebbe dire che la coscienza si retrae in se stessa trascinandosi con se il tempo e lasciando fuori di sé lo spazio spogliato di interiorità .Ma il tempo sperimentato entro la realtà è il tempo che si manifesta come vita, è la potenza che fa germinare, che fa germogliare ogni essere vivente. In realtà nella originaria esperienza del tempo la natura è il passato degli Dei, ma dietro la natura sono presenti gli Dei. Il passato è dunque presente. Ma la presenza degli Dei è la potenza generatrice della vita che opera in ogni essere come lo sgorgare del futuro dal presente. Questa forza generatrice è l’operare ininterrotto delle origini. Le origini dunque non sono relegate nel passato ma sussistono nel presente come forza generatrice del futuro. La potenza delle origini si manifesta in ogni essere che germoglia e avvolge dall’interno come un involucro invisibile tutto ciò che si manifesta. In questa prospettiva la morte non si è ancora separata dalla vita non emerge ancora come tale, ma si intreccia come vita nello scorrere del tempo in cui tutto diviene. Il tempo quindi veniva sperimentato come il sorgere della vita, come il tempo che sorge. Ora invece il tempo si rimbalza riflettendosi nella coscienza. Questo tempo non è più il tempo della vita, il tempo che sorge: è il tempo che passa, il tempo che scorre dal presente verso il passato, dall’essere verso il non essere. E’ il tempo soggettivo della memoria individuale, dove l’essere muore nell’immagine, tramonta nella memoria di ciò che non è più. E’ un tempo che scorre in modo inverso alla vita, che scorre verso il non essere, verso la morte, verso il passato. Ma in questo scorrere diventa il substrato della coscienza individuale. Il possesso del tempo dà all’uomo il suolo interiore per sviluppare la coscienza individuale. Questa trasformazione della coscienza è espressa in un modo grandioso nel mito di Prometeo. Lo stesso nome allude allo sviluppo entro l’uomo della facoltà dell’immagine, della rappresentazione, che costituisce la base della memoria e in tal modo della coscienza individuale. Promethis corrisponde esattamente alla parola tedesca Vorstellung che significa rappresentazione. Prometeo ruba agli dei il fuoco per darlo agli uomini. Ma il fuoco esprime dal punto di vista elementare il puro scorrere che è l’essenza del tempo. In realtà in questo grande passaggio della coscienza l’uomo incorpora il tempo entro la coscienza acquisendo la facoltà della memoria, questo crea la base dello sviluppo dell’intelletto, cioè della facoltà di pensare a partire da se stesso. Questo determina due cose. Da una parte il senso del possesso, della capacità di appropriarsi dello spazio giacchè lo spazio per il fatto che gli dei si ritirano dalla coscienza, per il fatto che si spopola della presenza del soprannaturale, cioè della sua sacralità, può diventare possesso dell’uomo. In un certo senso l’uomo impara a dire Io in relazione a se stesso e a dire mio in relazione allo spazio esterno appunto perché questo è stato abbandonato dagli dei. Dall’altra proprio per il fatto che la chiaroveggenza istintiva è tramontata e da questo tramonto è emersa lentamente la potenza dell’intelletto. Questo coincide con la facoltà di utilizzare il fuoco. Prima dello sviluppo dell’intelletto il fuoco è sacro e non può essere avvicinato se non per entrare in relazione con gli Dei. Ora invece, nel momento in cui sviluppa una coscienza individuale si impossessa del fuoco. L’uomo ha acquisito la facoltà di costruire utensili. L’utensile è il risultato della facoltà di applicare l’intelletto nella sfera della volontà, di sottomettere il fuoco alla volontà individuale. Questo determina la nascita del lavoro, cioè della capacità di rivolgere la volontà verso un fine e di orientarla attraverso l’intelletto. Ora l’uomo da una forma individuale alla volontà orientandola a partire da se stesso verso un fine. Gli utensili si pongono come strumenti di una volontà che ormai viene orientata in modo individuale cioè viene rivolta in modo intenzionale verso un fine. Questa nascita dell’individualità e della sua espressione nel lavoro è esposta nella maniera più profonda nel racconto del peccato originale dove appunto viene in grandiose immagini espressa la perdita dell’originaria, istintiva coscienza della presenza della divinità nelle manifestazioni della natura. In questa perdita della coscienza della presenza della divinità nella natura consiste la cacciata dal Paradiso. (Cont.) |
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"La Questione Sociale" Considerazioni di Silvio Cipriani Richiesta di una risoluzione delle contraddizioni Alla ricerca del metodo scientifico per approcciarsi alla elaborazione e alla proposta di un nuovo modello di organismo e convivenza sociale. Nel ringraziare per l’iniziativa e l’organizzazione e tutti i partecipanti per la possibilità di un confronto sul tema, porgo questi appunti su riflessioni maturate in diversi contesti allorquando mi sono trovato ad affrontare il tema de “I Punti essenziali della questione sociale”, in particolare sul modello sociale tripartito e la sua organizzazione corrispondente alle necessità di volta in volta emergenti nell’attuale contesto sociale. S.C. Dagli incontri del gruppo di studio su “La questione sociale”, nelle forme apparentemente mancanti di relazione diretta, come in altra epoca era nella consuetudine, emerge un forte impulso ad una risposta diretta ed incisiva sul tessuto sociale che reca, oramai in forma vie più esplicita fasi critiche di contraddizioni e caos diffuso nell’organismo sociale. Per inciso, consapevoli delle forze di cui ognuno è portatore, non è tanto il rapporto di un incontro diretto che reca gli impulsi di rinnovamento quanto la forza di pensare, il ripercorrere a ritroso le vicende sociali che hanno determinato i fatti che sono divenuti. La forza strutturante del pensiero è la forza che ci unisce nella elaborazione di un modello sociale che si confà ai nuovi impulsi e necessità interiore nel passaggio dall’anima che si ritrova imbrigliata nel razionalismo e nello scientismo e l’anima che è protesa a superare quella, cercando di penetrare coscientemente nel mondo dell’idee, vale a dire esperimentare nella sua essenza il valore della “Libertà”. Anche se gli eventi attuali ci separano, gli stessi ci portano incontro l’occasione per una maggiore azione d’incontro, quello che supera le apparenze. Non è possibile in questa sede affrontare il rapporto della scienza decaduta in scientismo per via del dogma di fede nel limite della conoscenza oramai codificato da una sentenza senza appello nel quale è accettato “Il limite della conoscenza” dopo più di un secolo di discussioni (il Sole24ore – scienza e filosofia pag. IX del 06.09.2020), nondimeno il problema del superamento di quel dogma apre ad una “scienza della conoscenza” che supera non solo l’osservazione e l’esperimento da riferirsi al mondo circostante, ma include nell’esperienza quale contenuto il pensiero come oggetto: il pensiero stesso nella sua forza strutturante dove anche il pensiero è oggetto conoscibile. Su queste basi va posto il riconoscimento del metodo scientifico (1) idoneo ad affrontare gli studi su un modello di organismo e convivenza sociale atto alla risoluzione delle relative contraddizioni. Compito, di evidenza, che non può trovare attuazione da parte di coloro che tali contraddizioni hanno determinato. Su una delle tante domande ed osservazioni accolte nel corso del webinar, una in particolare apre una molteplicità di interrogativi: “come far arrivare i principi della tripartizione a coloro che non seguono la Scienza dello Spirito?” Un’altra deve essere posta con ugual lignaggio “come far arrivare i principi della tripartizione a colore che seguono la scienza dello Spirito?” Domande poste in questo modo, oltre a richiedere delle risposte, di per sé già orientano al costrutto del metodo scientifico idoneo a questo percorso. Da questo, partendo dalla osservazione del fenomeno-evento, senza portare incontro i desiderata inconsci (psichismi, ideologismi, unilateralismi e i tanti altri fantasmi mentali che affollano la nostra coscienza) possiamo trarre la risposta dall’evento stesso; ogni evento ogni fenomeno sociale ci si presenta per richiedere un’azione cosciente nella conoscenza si da far emergere le contraddizioni latenti prima e contestualmente, poi, la risoluzione stessa. Che si segua o non si segua la Scienza dello Spirito rispetto ai contenuti della presentazione della “questione sociale” può apparire indifferente o rilevante, ma rimane comunque il come presentare “La tripartizione dell’organismo sociale”; per ora si possono dare i primi tratteggi, tenendo conto che siamo all’inizio di questo percorso e sicuramente emergeranno chiare risposte e fors’anche ulteriori domande. Chi assume su sé stesso la responsabilità di incidere sul tessuto sociale il portato del modello tripartito posto sul fondamento della Scienza dello Spirito, nel presentare determinati fenomeni, l’aspetto del giudizio su osservazione più che mera critica, si trova a far emergere le contraddizioni e presentare nella unitaria dell’organismo sociale tripartito non solo la possibilità di modificare incrostazioni geologiche di pregiudizi ed abitudini, ma la possibilità di realizzare – almeno di avvicinarsi – a tutte le interrelazioni in armonia e giustificate per ontologica posizione delle leggi che presiedono l’unitarietà dell’organismo sociale nelle vicende dell’Uomo nelle attività educative-culturali-spirituali, nella funzione giuridica statuale e in quella economica. Si deve presentare qualsiasi fenomeno sempre rapportato al modello dell’organismo sociale tripartito con esempi viventi tratti direttamente dall’esperienza come ad esempio l’organizzazione della scuola o della sanità, la funzione dell’educatore come del medico, la fondamentale importanza della loro autonomia dalle azioni o forze derivanti da interessi economici o di potere nel campo giuridico statuale, il rispondere delle proprie azioni nei termini di responsabilità etica e quindi degli effetti nel sociale: mettere in evidenza la funzione e le conseguenze sul tessuto sociale ovvero le influenze della funzione giuridica statuale od economica su quelle educative – spirituali; queste rappresentazioni ritrovano assonanze interiori e sono accolte nell’immediato per identità “nell’Io-Logos”. ____________________ (1) Il richiamo è all’opera omnia n. 2 di Rudolf Steiner “Linee fondamentali di una Gnoseologia di una concezione Goethiana del mondo” in Saggi filosofici ed.antroposofica - Milano 1974. |
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TRIPARTIZIONE E SPORT Di Marco De Bernardinis La rilevanza dei contenuti della Tripartizione sociale dati da Rudolf Steiner nelle sue opere, è di talmente vasta portata che lo scoglio principale della mancata diffusione, è principalmente un fatto interiore che ciascun antroposofo dovrebbe superare. In altri termini, rappresenta la capacità di stare con i piedi per terra e “non volare per aria”. Inevitabilmente, lo studioso si ritrova a cimentarsi con una serie di grattacapi che nascono dalla sua interiorità, dalla sua personale visione del sistema che non ha mai messo veramente in discussione i cui contenuti del resto non rappresentano altro che il limite dell’ordinario vivere quotidiano con tutte le sue impellenze e complicazioni. Le chiacchiere o le critiche al sistema, vengono spesso esposte solo per un senso di ingiustizia cui spesso si frappone il nulla. Una riflessione profonda invece, dovrebbe richiedere lo studio dei "Punti essenziali della Questione Sociale", studio che implica tutta una revisione dell’assuefazione oramai congenita che si ha dello Stato unitario e di una visione impietrita oramai superata dai fatti. Bisogna frantumare l’orgia delle istituzioni malsane con una volata di Nuovo Pensiero che si ispiri alla libertà nel campo spirituale, libertà di insegnamento, libertà di ricerca, libertà di formazione e che per nessuna ragione, tale settore venga influenzato da organizzazioni che possano manovrarne le finalità. L’orda di istituzioni statali che si prefiggono di fare tutto tranne quanto dovrebbe essere loro di pertinenza ossia di rendere agevole la vita del cittadino, equa e non molestarlo con multe, tassazioni esose, complicazioni burocratiche e via dicendo. Il settore economico, che dovrebbe provvedere ai bisogni invece di provvedere ai consumi con un danno quotidiano incalcolabile all’ambiente. Si pensi alla plastica che gettiamo ogni giorno. Tale settore economico deve essere libero di organizzarsi ma deve essere controllato da uno Organo giuridico super partes che prenda le disposizioni dal settore spirituale, oggi chiamato impropriamente culturale per l’incapacità oggettiva di avere un concetto chiaro di che cosa sia lo spirituale. Dobbiamo volere il cambiamento senza mezzi termini. Come un atleta che lancia il giavellotto, cerca il superamento di stesso, analogamente dobbiamo superare il consueto modo di pensare cristallizzatosi nelle nostre coscienze. Deviando dal tema, Scaligero diceva che la scherma, l’atletica in generale ma soprattutto il lancio del giavellotto erano sport degni di nota perché l’atleta era posto in essere di superare se stesso. Per il calcio invece diceva che non andava molto bene perché l’energia veniva concentrata troppo nelle gambe. Faremo un breve appunto: sappiamo che giocare a passaggi nel calcio e palleggiando col piede, spalla o testa è un gioco da bambini ma quando non entra il fattore competitivo, diviene automatico disporsi in circolo e qui l’energia scorre senza un eccessiva concentrazione nelle gambe. Anche il giuoco della pallavolo a passaggi in tal senso è ottimo per la gioventù sempre che non ci sia l’elemento competitivo a distruggere ogni armonia. Se si fa attenzione, i giochi che vengono dagli Stati uniti, il baseball, il rugby e il basket sono tutti giochi che non prevedono la possibilità di giocare senza un minimo di competizione e se stentano a affermarsi in Europa, è perché dovuto al fatto che i popoli sono diversi. Vengono anche dall’ America le palestre dove si sviluppano gambe e braccia, quando avrebbe più senso sviluppare una digestione perfetta e una corretta respirazione. Non possiamo invece non menzionare gli sport estremi che negli ultimi decenni son sempre più diffusi e all’alpinismo in generale. Nella nomenclatura dei chakra, la vetta delle montagne fa riferimento al chakra susumna, ossia il chakra posto sopra la testa (al centro della testa, in realtà leggermente più in alto di qualche cm sopra) che simbolizza l'illuminazione Ultima, ossia la fusione con il Tutto. Pertanto gli alpinisti e tutti gli appassionati delle vette, in realtà ricercano quest'illuminazione interiore, ma non sapendo come cercarla dentro, sembrano ricorrerla da di fuori. Alla persona normale sfugge questo senso e si inibisce quando sente delle morti in montagna, dei pericoli occorsi, degli alpinisti che anche mutilati e oltre età, cadono e muoiono osando l'incerto. Non si tratta di una sfida alla natura ma l'attuarsi di un bisogno profondo che le Religioni e i movimenti spirituali in senso più lato in questo tempo, ne occultano il senso ultimo di queste esperienze, lasciando queste persone alla pura esperienza esteriore. Quanto detto sugli alpinisti, vale come regola per tutti gli sport estremi.Tornando al tema, ci accorgeremo un giorno, quando il settore spirituale inizierà a respirare il vento della libertà, che le persone si raduneranno sempre meno nei pub e nei ristoranti, richiamati da attività che il campo spirituale, con la sua creatività esplosiva, proporrà. Non si sottovaluti poi come una libera vita spirituale possa essere una panacea per mali oggi ritenuti curabili solo a parole come il disagio adolescenziale, la droga, la pansessualizzazione, le mode passeggere, il caporalato ecc.. Non si sottovaluti come un economia cui venga posto il divieto del consumismo sfrenato, possa indirizzarsi verso concrete soluzioni per l’ambiente reinfondendo speranza per il futuro. Non si sottovaluti come un organismo giuridico possa creare una vera sicurezza e soprattutto una vero sentimento di cittadinanza, semplificando l’attuale modello oramai sfuggito al controllo dello stesso Stato. |
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AGENDA LUGLIO-AGOSTO 2021 |
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| | CALENDARIO LUGLIO - AGOSTO 2021 - 1 luglio: 6° incontro Terapia Fiori di Bach
- 5-9 luglio: Formazione Maestri di Asilo
- 16-18 luglio: Master in Pedagogia Waldorf
- 16-18 luglio: Corso di Armonizzatore Biografico
- 27-29 agosto: Master in Pedagogia Waldorf
- 27-29 agosto: Corso di Armonizzatore Biografico
- 27-29 agosto: Corso di Medicina Antroposofica
- 29 agosto: 9° incontro Grp La Questione Sociale
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| | Immagini delle lezioni di Medicina Antroposofica con il Dottore Carmelo Samonà e di Pedagogia Waldorf, Educazione Musicale con la Maestra Gaia Biondo. | | |
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Corso di AstrosofiaA cura di Maria Samonà 6 incontri in video-lezioni, cadenza settimanale giovedì dalle h.17 alle h.19 a partire dal 9 settembre 2021 |
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OGNI UOMO É UNA STELLA Intervista di Geoff Swaebe a Georg Kühlewind sugli star children Articolo tratto dalla rivista Kairós nr.35-36 set-dic 2002 |
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"Ed ecco la stella che avevano visto ad oriente li precedeva, finché giunse e si fermò sopra al luogo dove si trovava il bambino” In varie occasioni lei ci ha parlato di una nuova generazione di bambini che ha definito "bambini delle stelle". Perché li chiama così? Il nome deriva dalla storia dei tre re Magi nel Vangelo di Matteo che avevano visto una stella. La stella apparve loro nel momento in cui il bambino nasceva e quando si misero in viaggio da Gerusalemme a Betlemme la stella procedeva davanti a loro fermandosi poi sul luogo in cui si trovava il bambino. Persone estremamente evolute Mi domandavo che cosa significasse la stella e, meditandoci sopra, arrivai alla conclusione che ogni essere umano possiede una tale stella. La stella è una cristallizzazione di tutta la parte non incarnata del nostro essere - di quella parte che resta sempre nel mondo spirituale. In altre parole: prima del concepimento e della nascita l'anima spirituale di ogni individuo si estende a tutto l'insieme del mondo spirituale. Nel momento in cui una parte di quest'anima spirituale si unisce al corpo fisico ereditato dei genitori la parte che resta nel mondo spirituale, come una grossa nuvola informe, si raccoglie in una forma luminosa che brilla di una luce più o meno forte a seconda dell’individualità. La stella di un'individualità davvero grande e luminosissima. Questa stella rappresenta il nostro legame sopra cosciente con il mondo spirituale. È la fonte particolare delle nostre facoltà umane. Chiamo questa nuova generazione “i bambini delle stelle” perché sono stelle luminosissime, sono anime umane estremamente evolute, questa espressione offre anche altre possibilità rispetto a "Indigo Children" (bambini indaco) utilizzata nel titolo di numerosi libri di successo su questi bambini. Non posso condividere l'opinione della filosofia new age espressa in alcuni di questi libri ma nel complesso essi contengono tuttavia osservazioni davvero buone e precise su questo fenomeno. Che cosa in particolare distingue questi bambini dagli altri? La presenza di un se cosciente che si manifesta nel loro sguardo o nella loro espressione. In genere i bambini hanno due tipi di sguardo: il primo è uno sguardo da bebè, uno sguardo che va verso l’esterno. Il secondo manifesta una coscienza ed è rivolto verso l'interiorità; indica che il bambino non è presente con piena attenzione a ciò che accade nel mondo esterno. Questo secondo sguardo e caratteristico degli “star Children” - alcuni di loro hanno soltanto questo tipo di sguardo, altri li hanno entrambi. “I bambini dalle stelle” sentono ciò che pensiamo In che misura questo atteggiamento cosciente si distingue dalla coscienza personale degli altri bambini? La prima differenza è che i “bambini delle stelle” sono coscienti fin da piccolissimi, prima ancora di pronunciare la parola "io". La seconda differenza è forse ancora più importante negli anni che precedono l'uso della parola "io", prima che ciò che chiamiamo il "sentimento dell'io" cominci a limitare la loro sensibilità originaria, tutti questi bambini percepiscono i pensieri e i sentimenti di chi li circonda. I “bambini delle stelle” sono diversi in quanto anche dopo avere cominciato da tempo ad usare il pronome della prima persona, mantengono ciò che definisco la comunicazione diretta. Continuano cioè a percepire i pensieri e i sentimenti di chi li circonda, sentono quello che pensi e questo è il più grande enigma dei "bambini delle stelle". Potrebbe darsi che il sentimento dell'io di questi bambini funzioni nel modo migliore o, in altre parole, che sia “minimale”. Hanno abbastanza egoità da poter dire "io" ma contrariamente agli altri bambini essa non è abbastanza forte da tagliare le facoltà di comunicazione diretta cioè della "conoscenza senziente”. |
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Ma perché è così importante riconoscere i "bambini delle stelle"? Bisogna avere con loro un comportamento diverso da quello che abbiamo con gli altri bambini? Una delle differenze è che è un bambino più cosciente non può essere trattato da bambino. Un bambino del genere potrebbe dire: "Mamma ho quattro anni, perché mi tratti come un bambino?”. Esprimersi così significa mostrare la propria coscienza personale e il proprio sentimento di non essere soltanto un bambino ma un essere umano responsabile di se stesso. Dovremmo considerare questo fatto dimostrando che lo riconosciamo. Non tratteremmo mai un adulto nello stesso modo in cui trattiamo un bambino di quattro anni. Allo stesso modo un bambino delle stelle non dovrebbe essere trattato così. Se non riconosciamo ciò questi bambini possono divenire bambini difficili e persino sviluppare sintomi come quelli legati ai disturbi dell'attenzione (Attention deficit Desorder, ADD) o all'iperattività (Attention deficit Hyperactive Disorder ADHD). Tutto il problema dell'approccio ai "Bambini delle stelle" non è alla fin fine quello di considerarli nella loro dignità? Il rispetto! Un rispetto illimitato! Per questo è meglio coinvolgerli in tutto ciò che li riguarda, in tutto ciò che devono o non devono fare, in tutte le decisioni che in qualche maniera potrebbero influenzare la loro vita, anche se non comprendono pienamente le nostre ragioni, ma è importante che sentano la nostra volontà di coinvolgerli. Ma tutto questo non è di fatto necessario per tutti i bambini? Una volta che abbiamo constatato a che punto dobbiamo prenderci cura del nostro rapporto con i "bambini delle stelle" possiamo riconoscere che sarebbe meglio trattare nello stesso modo tutti i bambini. Per quelli che chiamiamo i "bambini delle normali" non è così importante, in quanto non si sentono adulti come gli altri e la loro fiducia e meno in discussione è più spontanea. D'altra parte, per quel che riguarda i "bambini dalle stelle" non si può ignorare la loro richiesta di essere riconosciuti, soprattutto se si vuole evitare il rischio che divengano bambini difficili. E i "bambini delle stelle" Danno fiducia solo a coloro che riconoscono degni della loro fiducia. Nel momento in cui un adulto non si comporta onestamente o sinceramente perde la fiducia di questi bambini perché per loro l'adulto è trasparente. Mettere limiti, lavorare in modo ritmico Hanno bisogno di un ambiente delicato? Assolutamente no! Né i "bambini delle stelle" né i bambini normali cercano un ambiente delicato. Cercano limiti ma è meglio coinvolgerli nella decisione dei limiti. I "bambini delle stelle" hanno bisogno di un ambiente affettivo stabile, senza grandi fluttuazioni emotive in casa o nella famiglia. Hanno bisogno di una vita quotidiana regolare ma non troppo rigida nell'immobilismo o nella severità. Hanno bisogno della regolarità in quanto i modelli ritmici generano le buone abitudini. Secondo me, mentre le abitudini non sono una cosa positiva per gli adulti, buone abitudini sono necessarie ai bambini. Sarebbe preferibile che gli adulti venissero guidati da ispirazioni piuttosto che fissarsi in forme di comportamento abitudinarie. Bisognerebbe dunque dare ai bambini abitudini che più avanti negli anni possono essere abbandonate se non più adatte alla loro età? Sì certo! Non potrebbe accadere che tutti i genitori o i maestri che abbiano difficoltà con i bambini pensano di avere a che fare con "bambini delle stelle”? Un bambino difficile o cui sia stata diagnosticata la sindrome ADD o ADHD non è necessariamente un "bambino delle stelle". Ma quel che voglio dire è che spesso noi trattiamo i bambini in modo tale da farli diventare bambini difficili, che siano o meno "bambini delle stelle". Molti libri si sono occupati di questa questione per esempio “Endangered Minds” di Jane Healey pubblicato 11 anni fa ancora attuale. È una eccellente analisi basata su 600 casi e che descrive tutte le difficoltà di apprendimento, di comportamento e di attenzione dei bambini. |
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Il pensare in immagini Perché la comunicazione diretta o senza segni è così importante? La comunicazione diretta è la fonte della nostra comprensione, della nostra ispirazione e delle nostre idee. Fin dalle nostre radici e fino alla sfera sopra cosciente noi ci espandiamo per accogliere le ispirazioni e le intuizioni che ci permettono di divenire creativi. Questo è in relazione con altre caratteristiche che i "bambini dalle stelle" condividono con i cosiddetti "autistici attivi". Un noto autistico, Temple Grandin, lo definiva "Pensare in immagini", che, secondo me, significa pensare con l'aiuto della conoscenza senziente. La prima apparizione cosciente di una nuova idea è sempre un'immagine anche se la maggior parte di noi diviene cosciente delle idee solo dopo che esse si sono tradotte in parole. Un'intuizione che si manifesta come un sentire cognitivo appare prima di tutto come un'immagine che solo successivamente può essere trasformata in parole o frasi. Ma essa non è fondata né sulle parole né sui sentimenti! Si riferisce a qualcosa di diverso dall'immagine nel senso corrente del termine? È un'immagine vivente che si sviluppa e si modifica senza fine; non resta fissa l'immagine in sé e significante. Si dice che Einstein abbia scoperto la relatività - cioè il rapporto tra tempo e spazio - grazie ad una sorta di sogno ad occhi aperti. Questo sognare ad occhi aperti è sempre un'immagine. Non è un susseguirsi di parole un pensiero in parole. E a volte, anche dopo che è un'immagine sia espressa in parole, resta tuttavia ancora un'immagine, come nei Vangeli o nelle fiabe. L'esigenza di rispetto Non c'è qualche rischio nel fare differenza tra i “bambini delle stelle” e gli altri bambini che si sviluppano in modo più tradizionali? Sarebbe impossibile tirare una linea in una classe e mettere i "Bambini delle stelle" a destra e gli altri bambini a sinistra, in quanto il limite che possiamo vedere è un confine mobile. Succede lo stesso con la nozione di autismo, il contenuto e le caratteristiche del quale sono così immensi che alcuni psicologi dicono che ciascuno di noi possiede questo o quel tratto autistico. La nozione "bambini delle stelle" copre anche essa un ampio ventaglio di caratteristiche. |
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L'autrice non distingue tra "bambini delle stelle" e bambini normali ma il suo libro descrive chiaramente in molti modi possibili per distruggere l'attenzione dei bambini. Sottomettiamo i bambini a troppe attività e a troppi processi che possono farne bambini, che siano o meno "bambini delle stelle”. Qual è la causa principale per cui un "bambino delle stelle" può diventare un bambino difficile? Henning Köhler, uno dei migliori educatori antroposofi, a pubblicato recentemente il libro "Non ci sono bambini difficili" in cui afferma che siamo di fronte ad una nuova generazione di bambini che deve essere trattata in modo del tutto diverso, ma genitori e maestri non rendendosene conto, continuano a trattare alla vecchia maniera facendoli diventare bambini difficili. Un altro problema è che tutti i bambini nati negli ultimi decenni sono sempre più individualizzati mentre i loro genitori continuano ad avere un'immagine precostituita di ciò che dovrebbero essere. Questo provoca immediatamente un ostacolo nel modo in cui viene accettato un bambino fuori dal comune o diverso dagli altri - un bambino che è veramente individuale e non corrisponde al nostro modello di "come dovrebbe essere un bambino". Abbiamo sempre la tendenza a comprimere un bambino nella cosiddetta normalità. Questo atteggiamento fa parte del nostro desiderio di difendere le strutture familiari da qualsiasi innovazione. Attualmente sarebbe meglio non avere alcun opinione preconcetta su ciò che dovrebbe essere un bambino perché non possiamo proprio saperlo. I "bambini delle stelle" diventano difficili quando impediamo loro di vivere a fondo quello che essi essenzialmente ricercano. La loro difficoltà può essere interpretata come la protesta contro una cultura che è agli antipodi di ciò che essi portano originariamente: l'amore e la fraternità invece dell'egoismo che domina la nostra civiltà. I "bambini delle stelle" nascono con un destino più individuale - non nel senso di un destino predestinato, ma nel senso dell'impulso speciale che portano con sé. Anche se si tratta solo di una speculazione, mi chiedo se non abbiano qualcosa a che fare con l'impulso del Cristo. Che cosa intende dire con "impulso del Cristo”? Può darsi che questa espressione contenga troppe cose, dato che ogni bambino viene sulla terra con un impulso spirituale a fare il bene: un impulso a cambiare la nostra civiltà meccanica, materialista e tecnocratica in una civiltà il cui principio guida sia l’amore. Ogni bambino nasce con questo impulso fondamentale ma nei “bambini dalle stelle" esso è particolarmente forte. Non so perché tanti di questi bambini arrivino proprio ora ma il loro numero sta crescendo in modo esponenziale e la loro venuta potrebbe essere, secondo me, uno degli avvenimenti più importanti della nostra epoca. |
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