NOTIZIARIO 5/21 Rinascita 18 Società Benefit Alta Formazione Antroposofica e La Questione Sociale Anno I Numero 5-Ottobre 2021 Bollettino mensile d'informazione e rubrica di notizie | Editore: Margarida Tavares | Direttore responsabile: Maria Samonà | Redazione: Alma Nicolicchia | Sede legale, amministrazione: Via Alessio Narbone nr.58, Palermo 90138 | P.Iva e C.F.06662510822. Argomenti: ANTROPOSOFIA 4° PUNTATA - SUL RAPPORTO TRA UOMO, LAVORO, CAPITALE -TRIPARTIZIONE: IL DENARO A SCADENZA - CALENDARIO OTTOBRE 2021 Foto di STEFANO FOGATO |
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Editoriale A cura di Maria Samonà Bentornati a questo nuovo numero del notiziario Rinascita 18. Abbiamo tutti ripreso a pieno ritmo il nostro lavoro dopo l’estate e già, ad esempio, in questo anno scolastico, in Italia, ci troviamo alle prese con un difficile assestamento in seguito alle novità nelle modalità di gestione delle attività, causate dai decreti governativi. Il problema che sembra più venire a galla è, per ora, quello della scuola. L’obbligatorietà del trattamento sanitario è stata estesa agli insegnanti, agli operatori scolastici, ai genitori che entrano nei locali adibiti alla ricezione e insegnamento. Chi non ha aderito alla campagna vaccinale, deve comunque produrre un certificato bisettimanale, a pagamento, per dimostrare la propria idoneità a svolgere le attività di diritti e di doveri legati alla scuola stessa. Questo sembra un po’ l’argomento principe che accomuna la cittadinanza e le individualità, creando, nel suo versante positivo, un confronto che è anche senso della collettività e comunanza. Si parla anche di alternative, di nuovi sentieri da percorrere: scuole private, home schooling e così via. I genitori e gli insegnanti si interrogano sui possibili nuovi scenari nei quali evolvere la pedagogia. Ora, in questa sede, torneremo molte volte a parlare di pedagogia steineriana, sotto svariati punti di vista e con notevoli apporti di medici, pedagoghi, maestri, filosofi. Molto interessante, forse fondamentale a questo punto, chiedersi: le forme scolastiche che si vogliono da più parti andare a creare e nelle quali profondere le meravigliose conoscenze della pedagogia steineriana, devono essere inquadrate, necessariamente, nelle vecchie strutture formali? In altre parole: questa importantissima sostanza deve essere distribuita nei vecchi contenitori, come è accaduto anche per le già esistenti scuole Waldorf, o si può creare un gruppo di studi, di riflessioni, un forum di scambi tra individui interessati, su come dare nuove, inedite forme a queste nuove aggregazioni scolastiche? |
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Dobbiamo davvero proseguire in questi contenitori obsoleti o possiamo liberarci da queste strutture a sfruttamento finalistico e pensare l’umanità crescere secondo ideali spirituali, in strutture adatte al futuro, nella grande certezza di espansione della libertà e dell’amore? Questo è l’impulso del mese di Ottobre: un pensatoio per nuove scuole Waldorf, che volgano il loro compito pedagogico terapeutico in ambiti, non solo ovviamente architettonici (ove possibile ma non sempre lo è) ma principalmente di organizzazione interna e progettuale che favorisca lo sviluppo delle nuove generazioni, che affronteranno per lungo tempo un passaggio di consapevolezza volitiva. In questo numero prosegue anche lo scritto di Carmelo Samonà sull’Antroposofia e i contributi per la comprensione della Triarticolazione Sociale. Con l’occasione, vi informiamo che, dopo due anni di preparazione, il 2-3 Ottobre a Palermo inizia il Corso di formazione in Agricoltura Biodinamica, un corso che si avvarrà della partecipazione di docenti di alto livello e che estende il suo insegnamento agli importantissimi e attuali settori dell’Ecologia e dell’Agro-Omeopatia. Buona lettura, dunque! Colgo l'occasione, a nome della Scuola di Alta formazione antroposofica Rinascita18, per ringraziare coloro che hanno generosamente inviato le loro donazioni a favore del sostegno nella formazione di maestri d'asilo e di scuole d'infanzia. Grazie a voi donatori, è stato possibile sostenere gli studi di chi aveva difficoltà economiche. Le prossime donazioni saranno ora rivolte agli altri gradi di istruzione steineriana. |
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Pubblicazione a puntate da uno scritto del Dott. Carmelo Samonà ANTROPOSOFIA 4° puntata 01/10/2021 ...Infatti il metodo analitico sperimentale prede le mosse da una dottrina della realtà che restringe il suo campo di osservazione e deforma i suoi criteri interpretativi. Qui ogni ideologia è abbandonata. Qui si va direttamente alle cose. (Cont.) (Continuazione dal numero precedente) Ma questo ricominciare dalle cose si rende possibile perché il pensiero compie una estrema, radicale trasformazione. Questa trasformazione consiste nella rinuncia a presupporre, cioè nella rinuncia in modo anticipato e assertivo come teoria, come ideologia della realtà. Il pensiero ritorna alla sua origine oltre ogni forma presupposta. Si flette in se stesso incontrando interiormente se stesso. Rimane entro se stesso. Infatti la prospettiva che sta alla base di quel modo di esplorare la realtà che sta a fondamento dell’antroposofia parte dalla rinuncia nei confronti di un pensiero che si pone davanti all’osservazione nella forma di una opinione, di una teoria di una ideologia. Il pensiero deve porsi prima di ogni forma possibile in uno stato di fluidità originaria. Le forme interpretative della realtà che si cristallizzano in una prospettiva ideologica devono essere considerate momenti determinati, frammenti cristallizzati della relazione fluida con la realtà alla quale il pensiero si eleva risalendo alla sua potenza originaria. Il pensiero deve risalire a quello stato indifferenziato che collega tutte le teorie possibili. Deve cioè risalire alle ragioni che stanno al di là di ogni forma data, che vivono come potenza oltre ogni determinazione formale. Infatti il cambiamento di prospettiva del pensiero consiste in una condizione fluida di apertura nella quale ogni prospettiva ideologica è solo la sezione statica di un punto di vista possibile in cui il pensiero si è fissato, una sedimentazione , una restrizione della facoltà del pensiero di congiungere il suo moto col movimento stesso della realtà, di congiungersi cioè col moto che crea tutte le forme possibili della realtà. Il pensiero deve entrare nell’automovimento del reale. Per questo deve intensificare la sua forza in modo da trascendere le sue forme presupposte e vedere in tutte le forme possibili il prodotto della capacità di sperimentarsi entro se stesso e di sperimentare entro se stesso il moto trasformativo della realtà. Deve essere capace di entrare in ogni prospettiva possibile. Il pensiero deve dunque essere messo in movimento e conquistarsi la facoltà di immergersi entro la realtà per congiungersi con la logica che opera entro la realtà come potenza creatrice, per congiungersi col pensiero con il quale la realtà pensa e crea se stessa. Nel momento in cui il pensiero si solleva al punto tale potersi sperimentare entro se stesso, in quello stesso momento si solleva alla esperienza interiore della realtà. Nello stesso momento la percezione si trasforma nel varco esteriore verso la introspezione della realtà. L’osservazione, liberata dalla scorza delle opinioni presupposte apre la strada al pensiero verso la introspezione di quelle idee che operano nella realtà come forze motrici. Il pensiero parte dunque da un atteggiamento radicalmente rinnovato che consiste nell’assumere i contenuti della realtà così come si danno in forma immediata nella percezione, così come si presentano all’osservazione. Assume cioè la realtà così come si dà all’osservazione, ponendo la osservazione, l’osservazione senza presupposti a fondamento della relazione con la realtà. L’osservazione è il varco per accedere la realtà. Ma questo varco deve essere scrostato dalle ideologie. La conoscenza nasce dall’osservazione che è il varco per la introspezione della realtà da parte di un pensiero rafforzato. L’osservazione pura e una radicale metamorfosi del pensiero sono il presupposto per una radicale metamorfosi della conoscenza. L’unica categoria formale che investe la materia della percezione è quella dello spazio e del tempo Spazio e tempo sono forme che risultano dal modo con cui l’uomo stesso si pone nella realtà, che derivano dalla prospettiva determinata dalla posizione dell’uomo rispetto la realtà, forme dunque che non sono né oggettive né soggettive ma sono piuttosto il presupposto perché la realtà si disveli alla coscienza creando le condizioni dell’esperienza. Spazio e tempo sono forme della relazione dell’uomo con la realtà. Su queste forme si costruisce tutta l’esperienza possibile. Si tratta dunque di assumere la realtà nella sua immediata presentazione alla coscienza attraverso l’osservazione senza presupposti. Infatti il pensiero che presuppone si muove su categorie già date. Attraverso l’osservazione senza presupposti la posizione del pensiero si capovolge. Il pensiero non si interpone, né si sovrappone al contenuto immediato dell’osservazione, ma si dispone ti ad esplorare il modo con cui la realtà pensa se stessa, si converte in strumento di percezione della logica oggettiva che, operando dentro la realtà si attua concretamente nella varietà delle sue forme e dei suoi processi. Il pensiero dunque si trasforma in percezione, in percezione sovrasensibile, in percezione del fondamento ideale del reale. Per fare questo come dicevamo il pensiero deve fare una rinuncia che consiste nel porsi oltre ogni forma determinata, oltre ogni verità già data come presupposto in modo da ascendere a quello stato indeterminato, a quella condizione indifferenziata di apertura che lo rende capace di una introspezione intuitiva nella quale si rende trasparente il logos oggettivo che opera dentro la realtà come potenza plasmatrice. Il pensiero deve elevarsi oltre la forma. Nel momento in cui il pensiero, flettendosi in se stesso si ricongiunge col suo stato originario, in questo congiungersi si conquista la forza di introspezione e di percezione delle forze che operano all’interno della realtà come la volontà creatrice in cui si esprime la potenza oggettiva dell’immaginazione universale. Il pensiero rinuncia a costruire teorie e ipotesi per esercitarsi a percepire in modo introspettivo la teoria con cui la realtà costruisce se stessa a partire da se stessa. Ma per sollevarsi a questa posizione rispetto alla realtà il pensare deve flettersi in se stesso. Nella misura in cui rinuncia a costruire ipotesi e teorie presupposte si solleva sino a ritornare entro se stesso. Il pensiero deve risvegliarsi alla coscienza di sé. Non parte dunque dal contenuto esteriore della percezione, in modo da sovrapporsi ad esso, in modo da svuotarsi sino a forma di un contenuto che viene dall’esterno . Non si limita cioè alla funzione di organizzare l’esperienza sulla materia della percezione ma, schiudendosi interiormente a se stesso, fa di se stesso il contenuto di sé, ritorna alla sostanza di sé. Questa flessione del pensiero in se stesso comporta un esercizio che ne determina il rafforzamento. In tal modo il pensiero libera la percezione della sua azione esteriore, si solleva oltre la relazione esteriore con la percezione ritornando all’esperienza interiore di sé. Fa di se stesso il contenuto della di sè, ritornando entro se stesso. Questo flettersi del pensiero entro se stesso è un inversione , rispetto alla posizione che esso svolge nella coscienza ordinaria . Infatti esso si pone come una forma che riceve il suo contenuto dall’esterno, dal flusso delle percezioni. Ora invece flettendosi in se stesso fa di se stesso il proprio contenuto. Sperimentando se stesso interiormente si volge alla introspezione di quella realtà che si svela esteriormente attraverso l’osservazione. La realtà esteriore lascia intravedere l’operare dello Spirito. E questo perché non è offuscata da opinioni presupposte. Il pensiero oltrepassa i confini della realtà esteriore proprio perché non è condizionato da essa. Non riceve il proprio contenuto dall’esterno ma interiormente da se stesso, cioè si pone come l’esperienza interiore dell’essere, l’identità interiore tra forma e contenuto, tra coscienza ed essere. In questo caso la forma e il contenuto sono identici e stanno in una relazione interiore tra di loro. Il pensiero si pone come la forma di quel contenuto che è lui stesso. Questa unità è l’essere che si risveglia interiormente alla coscienza di se stesso, è l’autocoscienza come esperienza interiore dell’essere. Il primo essere che l’io sperimenta interiormente è l’io stesso. Questa elevazione del pensiero all’esperienza interiore di sé, questo risveglio dell’essere a se stesso, questo disvelarsi interiore dell’essere si annuncia rispetto all’essere che siamo noi stessi, si annuncia come la certezza, l’evidenza interiore di sé a se stesso. L’io si solleva all’evidenza interiore di se stesso. Il primo essere dunque che appare interiormente siamo noi stessi. Noi siamo interiormente evidenti a noi stessi. A partire dal fondamento di questa evidenza, cioè dal fondamento dell’autocoscienza, a partire cioè dall’esperienza interiore di sé il pensiero deve elevarsi sino all’esperienza interiore della realtà. L’uomo deve, attraverso il rafforzamento del pensiero, elevarsi sino alla capacità di sperimentare interiormente la realtà così come sperimenta interiormente se stesso. A partire dalla esperienza interiore di sé deve inoltrarsi nell’esperienza interiore della realtà, di quella realtà che, nella sua manifestazione esteriore si presenta all’osservazione. Il pensiero dunque educato alla osservazione pura si trasforma in strumento di percezione del fondamento ideale che opera all’interno della realtà, si congiunge interiormente ad esso. Si eleva all’esperienza dell’invisibile che si manifesta nel visibile. La trasformazione della prospettiva della conoscenza verso una forma osservativo-introspettiva è dunque il risultato di un doppio movimento che nella sua essenza è un unico movimento. Un movimento di restituzione della percezione a se stessa come espressione della ricettività universale della coscienza attraverso l’esercizio della osservazione pura, e un movimento di elevazione del pensare dalla condizione di rispecchiamento formale del contenuto dell’esperienza sino alla coscienza di sé come contenuto interiore della realtà, cioè come conquista dell’esperienza interiore di ciò che appare esteriormente attraverso l’osservazione. Questo avviene attraverso l’esercizio della concentrazione. L’osservazione predispone il pensiero a superare la superficie esteriore della realtà. Il rafforzamento del pensare predispone alla percezione introspettiva della trama invisibile che opera attraverso il visibile.Questo comporta una inversione della relazione con lo spazio e con il tempo, poiché emerge alla coscienza, al di là del tempo biografico affidato alla memoria, quel tempo che scorre dal presente al passato, il tempo ontologico che trama dietro lo spazio entro la natura e che scorre dal presente al futuro. Questa dimensione ontologica del tempo che costituisce il primo livello della trascendenza dello spazio esteriore si mostra al pensiero come immaginazione creatrice, cioè come la potenza dell’immagine che sta oltre l’essere come il suo punto di incandescenza, cioè come la potenza dell’ essere allo stato nascente. Il pensiero dunque, attraverso questa disciplina, passa alla condizione di pensiero puro, libero dai sensi nel momento in cui si flette entro se stesso, e poi alla condizione di pensiero vivente nel momento in cui si riconosce entro il flusso interiore dell’essere, cioè riconosce nell’esperienza interiore di sé l’esperienza interiore dell’essere. Dopo questo stadio trapassa nell’immaginazione come capacità di fondersi con l’immaginazione creatrice che trama entro la realtà come substrato invisibile dello spazio, cioè come tempo ontologico. (cont.) |
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SUL RAPPORTO TRA UOMO, LAVORO, CAPITALE Di Vittorio Tamburrini Vogliamo considerare la Triarticolazione Sociale come una possibilità concreta e realizzabile di trasformazione della società al fine di favorire l’evoluzione dell’individuo e della vita sociale. Vogliamo evitare di considerare la Triarticolazione sociale come un esercizio di pensiero senza ricadute concrete o con ricadute risibili nella società. Per sgombrare il pensiero da possibili equivoci, va chiarito che la trasformazione della società attraverso la Triarticolazione Sociale non sostituisce magicamente la necessità di lavoro su sé stessi, attraverso ciò che Rudolf Steiner ha indicato con i cosiddetti sei esercizi e con la meditazione individuale. Allo stesso modo sappiamo che non si può attendere che la vita sociale cambi in meglio come conseguenza di una maturazione della vita interiore dei singoli individui. Sappiamo che il processo di trasformazione degli individui fino al punto in cui saranno liberi dall’egoismo e quindi possano generare condizioni sociali adatte all’umano, è un processo che durerà millenni. Non possiamo attendere questo compimento. Lo stesso Rudolf Steiner auspicò che la triarticolazione sociale potesse realizzarsi in breve attraverso la ferma volontà di alcune persone. Leggendo ciò che egli scrisse nella vasta letteratura dell’Opera Omnia, è possibile riconoscere che riponesse speranza nella realizzazione della triarticolazione sociale al fine di evitare le catastrofi che poi sono accadute dalla prima guerra mondiale in poi e continuano ad accadere. La realizzazione della Triarticolazione sociale non sostituisce il lavoro individuale di trasformazione di sé ma non si deve attendere la trasformazione della maggior parte degli individui per raggiungere una nuova struttura sociale che, anzi, se si realizzasse faciliterebbe proprio l’evoluzione individuale. La legge fondamentale della vita sociale data dall’occultismo richiede che “… si devono cercare uomini che possano trovare la via per uscire dall’egoismo.” O.O.23-24 (I punti essenziali della questione sociale) Appendice: Scienza dello spirito e problema sociale. Ed. antroposofica 4° edizione pag. 231. Questa frase indica che sono necessari alcuni uomini capaci di mettere da parte il loro egoismo, cioè uomini che per loro natura o come conseguenza del loro lavoro spirituale, si impegnino energicamente per liberarsi del proprio egoismo. Questi uomini potranno realizzare la Triarticolazione sociale. La domanda quindi è se noi vogliamo provare ad essere quegli uomini. Ora il tema del presente breve scritto, è il rapporto tra uomo, lavoro e capitale. Una società che voglia dare opportunità di evoluzione agli individui deve necessariamente eliminare al meglio la sopraffazione di uomini su altri uomini e allo stesso modo la sottomissione. È necessario cioè impedire il potere dell’uomo sull’uomo, delle istituzioni sull’uomo e di una sfera sociale sull’altra. Ogni forma di potere genera sopraffazione e sottomissione. Ogni forma di potere genera rapporti di dipendenza di alcuni verso altri. L’unico potere buono è quello che ogni individuo ha su sé stesso. Consideriamo che la necessità del lavoro è oggi l’unico modo per garantirsi il diritto di vivere, per sé e per i propri cari (escludiamo qui il caso di chi vive di rendite ereditate). Chi si trova in questa necessità è dipendente da chi il lavoro offre. Si genera qui una forma di potere del datore di lavoro sul proprio dipendente. Questa forma di potere è tanto più forte quanto minore è la disponibilità di lavoro. Alcuni secoli di società cosiddette moderne, cioè organizzate, hanno portato a chiara coscienza che non è mai stato possibile creare lavoro per tutti. In Europa Il tasso di disoccupazione medio negli ultimi 10 anni è all’incirca del 10% con oscillazioni rilevanti in base al paese come si evince dal grafico sottostante, dove sono presi in considerazione solo alcuni paesi tra i più ricchi della Unione Europea e quindi con un basso tasso di disoccupazione. Questa situazione di mancanza di lavoro associata al fatto che lavorare è l’unica possibilità per garantirsi il diritto di vivere, genera necessariamente potere di chi offre lavoro su chi lo cerca. Questo accade indipendentemente dalla volontà di sfruttare o meno i dipendenti. La conseguenza è una sorta di egoismo oggettivo che pervade la società. Chi trova un lavoro è corresponsabile in senso oggettivo del fatto che qualcuno ne resti senza. In questa organizzazione sociale, restare senza lavoro significa essere privati del diritto di vivere, privati dei mezzi di sussistenza e di conseguenza essere ridotti alla disperazione sul piano animico, alla mercè della altrui carità (istituzionale o privata) sul piano del corpo, alla difficoltà o impossibilità di esprimere il proprio spirito attraverso il proprio talento, sul piano dell’io. In questa condizione sociale il lavoro si configura come strumento di potere esercitato attraverso il denaro ovvero come mezzo di sopraffazione invece che come mezzo di realizzazione di sé. Da quando si è determinata questa situazione? Possiamo immaginare che in una società primitiva, nel bene e nel male, l’individuo era in relazione diretta con il mondo della natura, senza mediatori poteva raccogliere i frutti spontanei o quelli procurati con la propria volontà. Il diritto alla vita era garantito dal rapporto diretto tra uomo e natura. È solo dal momento in cui si sono costituite strutture sociali organizzate che le cose sono cambiate. Gli uomini si sono organizzati in società strutturate per sentirsi più protetti. Questa organizzazione ha generato progressivamente la privatizzazione della superfice terrestre, dell’intera natura. La privatizzazione ha dato da un lato risultati migliori nella capacità di gestire le risorse naturali, permettendo la crescita della popolazione e la soddisfazione dei suoi bisogni. Dall’altro lato la privatizzazione della terra ha tolto il diritto di fruire dei frutti spontanei e quindi il diritto alla vita in quanto si esiste, in quanto si è nati. Togliere un diritto e sostituirlo con un dovere non corrisponde a nessun principio di giustizia. Si può togliere un diritto se lo si sostituisce con un diritto equivalente. Questo diritto equivalente deve quindi garantire il diritto alla vita di ogni essere umano. Solo garantendo questo diritto alla vita si può impedire la sopraffazione dell’uomo sull’uomo. Solo garantendo il diritto alla vita si elimina il lavoro come ricatto, ricatto che sfrutta la necessità di far fronte ai propri bisogni essenziali: cibo e riparo. Garantire il diritto alla vita scioglie dall’angoscia del quotidiano che nasce quando si è in assenza della sussistenza minima necessaria, e libera forze spirituali. Con il diritto alla vita si restituisce all’individuo anche la possibilità di riconoscere i propri talenti liberamente, di andare incontro con essi al proprio Karma. Il capitale è oggettivamente forma di potere nella condizione sociale nella quale oggi è configurato. È forma di potere perché a fronte della sua forza vi sono i bisogni essenziali dell’uomo non soddisfatti. Faccio presente che nella ricca Italia vi sono 5,6 milioni di individui in povertà assoluta secondo AdnKronos https://www.adnkronos.com/istat-5-6-milioni-di-italiani-in-poverta-assoluta_6anCt74Jjpv9xGdtdvgmxK su di una popolazione che oscilla intorno ai 60 milioni di persone. La domanda che dobbiamo porci è: come liberare l’uomo dal ricatto del lavoro? Che la piena occupazione sia un’utopia è un dato consolidato dall’esperienza. Non c’è legge o iniziativa che abbia risolto o possa risolvere il problema della dipendenza dal ricatto del lavoro all’interno di questa organizzazione sociale. Questo dice Rudolf Steiner: “Infatti ciò a cui si deve tendere, naturalmente non in maniera bolscevica ma ragionevole, è di separare il lavoro dai mezzi di sussistenza. L’ho detto recentemente. Se non si viene remunerati per il proprio lavoro, il denaro, come mezzo di potere, perde il suo valore per il lavoro. Non vi è altro mezzo contro l’abuso che viene fatto con il denaro, se non strutturando la società in modo che nessuno possa essere remunerato per il suo lavoro, che il procacciamento dei mezzi di sussistenza sia attuato in tutt’altra maniera. In tal modo non si potrà mai far sì che qualcuno venga costretto, mediante il denaro, a lavorare.” R. Steiner O.O. 186 30 novembre 1918 Per separare il lavoro dai mezzi di sussistenza è necessario che il provento necessario per la sussistenza provenga da altro che non sia il lavoro. Questo provento per ogni uomo deve provenire dall’insieme della società umana, dal frutto che ognuno porta in essa. Se si riesce a fare questo si realizza la fraternità nella vita economica perché il denaro vien generato in essa. Quell’egoismo oggettivo di cui ho detto prima, verrebbe in questo modo risolto in seno alla società stessa e in particolare proprio dalla vita economica che oggi lo causa. La triarticolazione è una riforma complessiva della società per cui non dobbiamo temere di formulare pensieri inediti o contrari alle attuali soluzioni poste dalla vita economica, giuridica o culturale. In questa visione è necessario pensare ad un reddito universale incondizionato di base che potremmo chiamare Diritto alla vita o Diritto per nascita. Appena questo pensiero si affaccia sorgono due domande: come trovare le risorse per un tale reddito? Non si creerebbero uomini fannulloni, oziosi e parassiti? Per rispondere alla seconda domanda direi che si tratta di osservare in profondità nella propria coscienza. Sappiamo dall’antroposofia che ciò che orienta la nostra vita è il karma individuale. Questo vuol dire che il karma ci assegna compiti che poi la vita ci porta incontro con forza. Il karma stesso ci pone nella condizione di entrare nella vita con talenti e capacità intellettuali, animiche o fisiche, da sperimentare e mettere in opera durante la vita. La spinta ad essere produttivi non dovrebbe venire dal ricatto del lavoro ma dal proprio Karma che, al contrario viene ostacolato dal lavoro come è concepito oggi perché non permette di lavorare seguendo la propria vocazione. Ad ognuno le sue riflessioni su questo tema, mantenendo sullo sfondo la fiducia nel karma ovvero nel mondo spirituale e quindi negli uomini. Alla prima domanda: come fare a trovare le risorse per sostenere il Diritto alla Vita? Vorrei proporre sinteticamente il seguente punto di vista: con l’attuale sistema di tassazione non è possibile trovare le somme adatte e se lo si facesse, l’aumento dei prezzi dovuto all’incidenza delle nuove tasse su di essi, porterebbe ad inflazione o a nuovo impoverimento in un circolo vizioso irrisolvibile. L’unico modo per far fronte a questa fondamentale necessità è un radicale cambio del sistema di tassazione che porterebbe con sé nuovi equilibri auspicabili nella vita sociale. Se partiamo dall’idea che il denaro è il controvalore di una merce, non commettiamo un errore nel dire che il denaro è merce esso stesso. Infatti il denaro sottostà alla stessa legge dell’economia alla quale sottostanno tutti i beni e le merci. Questa legge è: dare-ricevere, offerta e domanda. Possiamo dire che si offre una merce in cambio di denaro che si riceve, ma anche che si offre denaro in cambio di una merce che si riceve. L’unica cosa che manca al denaro per essere davvero il controvalore della merce è la deperibilità. Tutte le merci deperiscono, anche quelle tecnologiche, ma il denaro non deperisce, anzi lo si può investire e rigenerarlo facendogli produrre altro denaro. In questo modo lo scambio tra merce e denaro è iniquo perché si riceve una merce deperibile in cambio di denaro eterno. Per fare in modo che il denaro sia l’effettivo controvalore per i beni è necessario farlo deperire ovvero fargli perdere valore nel tempo. Come si può fare? Quali vantaggi ne verrebbero? Si potrebbero eliminare tutte le tasse dirette e indirette (tasse sul reddito e sulle merci), che pesano sui prezzi per valori che oscillano tra il 50% e il 70%, e al loro posto si potrebbe inserire una perdita di valore del denaro, diciamo del 10% annuo, con un decadimento del valore su base mensile. Il valore perso mensilmente da tutto il denaro esistente, potrebbe essere riemesso sempre su base mensile, redistribuendone una parte ad ogni cittadino come reddito universale incondizionato di base, e con la parte restante si pagherebbero i costi dello Stato, che sarebbero, però, sgravati del welfare per la sussistenza degli indigenti perché sostituito dal Diritto alla Vita. In questo modo verrebbero eliminati i costi dello Stato per assegni di mantenimento, cassa integrazione, aiuti agli indigenti, sgravi per figli o altri sussidi e anche i costi per le varie agenzie delle entrate e delle riscossioni. (Una famiglia di 4 persone compresi i neonati e indipendentemente dal proprio reddito riceverebbe 4 redditi incondizionati di base dalla nascita alla morte.). Una riforma così pensata eliminerebbe ogni tassa attuale, permetterebbe di avere prezzi non falsati dalla leva fiscale e risolverebbe il problema della dipendenza dal lavoro e anche del lavoro come ricatto. Il denaro deperirebbe come le merci e potrebbe rinascere a beneficio di ogni uomo mantenendo, a parità di condizioni, la stessa massa monetaria circolante. Rudolf Steiner: Però sorgerà la necessità, quando il procacciamento dei mezzi di sussistenza sarà separato dal lavoro, che venga impiegato il denaro, quando esiste, e quando venga prodotto come equivalente di merci che esistono. Esso deve essere utilizzato, deve circolare. Si avrà allora l'effetto reale che il denaro non aumenterà, ma diminuirà.... il denaro non aumenterà ma diminuirà, e dopo un certo numero di anni la banconota che mi sarò procurata prima di quegli anni non avrà più valore; sarà svalutata, cesserà di avere valore. Così nella struttura sociale diverrà naturale un certo movimento, sorgeranno condizioni a seguito delle quali il semplice denaro, in fondo null'altro che un documento, un assegno che dà un certo potere sulla forza di lavoro degli uomini, si svaluterà se non verrà messo in circolazione. R. Steiner, O.O.186, 30 novembre 1918 Questa estrema sintesi può essere spunto di riflessione per ognuno che pensi che la Triarticolazione debba essere concretamente applicabile e possa generare condizioni per cui l’egoismo individuale venga risolto in seno alla vita sociale. L’egoismo in questa epoca è necessario sul piano individuale perché portando l’affermazione di sé conduce allo sviluppo dell’anima cosciente, ma alcuni uomini possono lavorare per liberarsene e mettere al servizio della vita sociale le proprie risorse al fine di trasformarla in un organismo nuovo e più giusto. Le implicazioni di questa riforma sono molte di più da ogni punto di vista e reggono il confronto con i conti economici dello Stato ma la completa trattazione non è qui possibile. Questo nuovo contesto sociale al quale vogliamo lavorare, deve porre condizioni per il superamento dell’egoismo oggettivo liberando l’uomo dai bisogni essenziali e ponendolo nella certezza che qualunque cosa gli accada non sarà in pericolo di vita. Questo è il fine per cui l’umanità oggi lavora: procurarsi da vivere e garantirsi la vita nella vecchiaia, nella malattia, ecc. Con la garanzia del diritto alla vita gli individui possono guardare al futuro con serenità e dedicare le proprie risorse, abilità e talenti alla propria realizzazione e al servizio degli altri, ovvero della società. |
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Tripartizione: il denaro a scadenza Di Marco De Berardinis La letteratura sul denaro a scadenza, presente quasi esclusivamente in rete, mette a confronto Silvio Gesell con Rudolf Steiner. Per l’esattezza sembra che quest’ultima, lo Steiner mutui le idee di Gesell. Poiché sempre la stessa letteratura, presente in rete, si ferma al campo astratto, noi mostreremo al lettore le profonde differenze dei due autori in modo da avere un quadro il più possibile preciso. Per Silvio Gesell, la moneta deve scadere ma non deve morire, ossia se ho una banconota diciamo da 100€, fra un anno la stessa banconota varrà 100 € a patto che io vi applichi sopra un piccolo bollino (tassa) diciamo di 1€ (l’euro l’ho deciso io). Per Rudolf Steiner, quella stessa banconota da 100 € dopo un anno deve valere 95€, ossia svalutata del 5% (il 5% l’ho deciso io). Lascio ai lettori le considerazioni di aver accostato i due autori con un pensiero alquanto superficiale. Veniamo ora alle considerazioni pratiche e cerchiamo di immaginare i risvolti pratici dell’una e dell’altra moneta. In primis, entrambe le monete aumentano la circolazione della cartamoneta. Nel primo caso, posso aumentare la velocità di circolazione della moneta aumentando la tassa, ad es. portandola da 1€ a 5€. Nel secondo caso, in prossimità della scadenza, mi trovo a riflettere che fare con i miei soldi, accettare la svalutazione di 5€, comperare qualche cosa in modo da ridurre la perdita ovvero investire. Il ragionamento apparirà al lettore forse un poco bizzarro perché per semplicità ho volutamente inserito come scadenza l’annualità. In realtà il ragionamento di sopra andrebbe fatto a trimestri e quindi nel primo caso, dopo tre mesi, dalla messa in circolazione della mia banconota da 100€ io pagherei 25 centesimi per restituirle il valore nominale, ossia 100€ appunto. Nel secondo caso, invece, mi ritroverei che la mia moneta vale 98,75€ ma l’avrei sicuramente usata. Il primo caso consente comunque la tesaurizzazione della moneta, ossia l’accumulo di denaro mentre il secondo caso non lo permette facilmente a meno di non sapere investire e bene. Le considerazioni a lungo termine nel primo caso, comunque non detengono l’inflazione, anzi dopo una prima velocità iniziale, sarebbe difficile arrestarsi mentre nel secondo caso, vi è una forte probabilità che i prezzi si stabilizzino. Ho al quanto semplificato il contesto, sempre dinamico, cui bisogna tener presente, quando si fanno certe considerazioni, che, se ben meditate, possono portare veramente lontano, specialmente nel secondo caso. È ora che le persone di ogni ordine e rango, riflettano tali contenuti in modo non solo di perfezionarli ma di estenderne i contenuti grazie al proprio vissuto. |
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AGENDA OTTOBRE 2021 - 2-3 ottobre: 1° Corso di Formazione in Agricoltura Biodinamica, Agro-Omeopatia e Ecologia
- 7 ottobre: Corso di Astrosofia video-lezione
- 10 ottobre: Gruppo di studio nazionale La Questione Sociale (XIII°)
- 14 ottobre: Corso di Astrosofia video-lezione
- 15-16-17 ottobre: Formazione Triennale in Arteterapia: Armonizzatore Biografico
- 16-17 ottobre: Formazione Triennale in Medicina Antroposofica
- 17 ottobre: Gruppo di studio nazionale La Questione Sociale (XIV°)
- 21 ottobre h.19-21: Conferenza sull'Agricoltura Biodinamica: "Nessi tra forma e funzione..."
- 22-23-24 ottobre: Formazione in Agricoltura Biodinamica, Agro-Omeopatia e Ecologia
- 24 ottobre: Gruppo di studio nazionale La Questione Sociale (XV°)
- 30-31 ottobre: 1° Corso per insegnanti e genitori "Conoscere l'Adolescenza"
ISCRIZIONI APERTE a.a. 2021/2022 "Conoscere l'Adolescenza" CORSO DI FORMAZIONE PER INSEGNANTI DI SCUOLA SUPERIORE (15-21 ANNI) Antropologia antroposofica, Pedagogia Terapeutica, Didattica e Arte DAL 30 OTTOBRE 2021 AL 9 GENNAIO 2022 In presenza a Palermo, con possibilità di video-lezioni 30-31 ottobre 2021 20-21 novembre 2021 18-19 dicembre 2021 7-8-9 gennaio 2022 CORSO DI FORMAZIONE PER INSEGNANTI DI SCUOLA MEDIA (12-15 ANNI) Antropologia antroposofica, Pedagogia Terapeutica, Didattica e Arte DAL 6 NOVEMBRE 2021 AL 5 GENNAIO 2022 In presenza a Palermo, con possibilità di video-lezioni 6-7 NOVEMBRE 2021 27-28 NOVEMBRE 2021 11-12 DICEMBRE 2021 2-5 GENNAIO 2022 (Il 2 Gennaio INIZIO lezioni h.16) CORSO DI FORMAZIONE PER INSEGNANTI DI SCUOLA ELEMENTARE Dalla 1° alla 5° classe Antropologia antroposofica, Pedagogia Terapeutica, Didattica e Arte DAL 11 MARZO 2022 AL 10 LUGLIO 2022 In presenza a Palermo e/o Roma, con possibilità di video-lezioni 12-13 MARZO 2022 19-23 APRILE 2022 28-29 MAGGIO 2022 18-19 GIUGNO 2022 9-10 LUGLIO 2022 |
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"Conoscere l'Adolescenza" Dal 30-31 ottobre 202160 ore formative CORSO DI FORMAZIONE PER INSEGNANTI DI SCUOLA SUPERIORE (15-21 ANNI) Antropologia antroposofica Pedagogia Terapeutica Didattica Arte 4 incontri: DAL 30 OTTOBRE 2021 AL 9 GENNAIO 2022 In presenza a Palermo, con possibilità di video-lezioni Sono ammessi uditori - genitori | | |
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