Fra queste piante ascose: il lavoro al buio dei poeti italiani |
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Intendo provarvi come la dizione sia una pianta ascosa. Le piante sono creature proverbialmente silenziose e la dizione, al pari di esse, è muta. Che la dizione abbia conseguenze udibili non ha a che fare con la dizione di per sé stessa: la dizione è "solo" la struttura che impartiamo al nostro pensiero. Ergo, essa è, nella sua natura originaria, inudibile; buia. Avrei dovuto iniziare ogni coaching e masterclass della mia carriera, con questa precisa affermazione, a scanso di ogni possibile fraintendimento e di ogni repost Instagram di un reel che ci informa dall'estero che la troppa dizione "impiccia" il Canto - sfondando una porta aperta: se lo impiccia, non è dizione, è impiccio. La dizione è tale solo se lo aiuta, il Canto: e lo aiuta solo se è muta ed invisibile. Se venite da me per essere capiti meglio - dico verbalmente - quando cantate, risparmiate i soldi: sebbene il mio lavoro produca anche questo, di effetto, non è il suo scopo: da me si viene per capire meglio - noi, in primis - ciò che si canta: nelle sue ragioni, nella sua struttura, e scrittura. Se chi ascolta capisce meglio anche le parole, ci fa piacere (e se le capisce, di solito, è perché già le conosce: un italiano moderno a digiuno di italiano operistico difficilmente parafrasa all'impronta), ma il livello verbale della comprensione, nell'Opera, è il più basso: #sapevatelo. È difficile farlo credere, nell'era di Netflix, ma, del plot, nell'Opera, ce ne frega pochissimo (posto che sia effettivamente compreso e che Mimì non venga tragicamente scambiata per una vera ricamatrice - vi rimando QUI). Abbiamo bisogno di conoscere la vita di San Sebastiano, per apprezzarne un dipinto? No. E manco di sapere la storia di Mimì per apprezzare La Bohème - direi per fortuna, visti i mala tempora. Vi dirò di più, il plot, la trama, nell'Opera era spesso e volutamente inteso come uno specchietto per le allodole, un deterrente che avrebbe tenuto fuori da uno dei club più esclusivi del mondo - quello della Poesia italiana - qualsiasi non adepto ai lavori. Vado a dimostrarvi come la dizione sia l'impianto buio, del Canto. |
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Vieni, ben mio: tra queste piante ascose... (Susanna in Nozze) L'error d'un'alma amante fra quest'ombre e queste piante sempre ascoso... (Fiordiligi in Così Fan Tutte)
Cos'è, avevano tutte il pollice verde? Cos'è, questo abbondare di vegetazione? Cosa sono, tutti questi ascondimenti tra queste piante? E perché Fiordiligi vuole addirittura asconderci il suo error, in mezzo alle piante? Ci viene in soccorso, qualche metro più in là, Ferrando: "Io tremo e palpito dalla testa alle piante"; qui le piante sono quelle dei piedi: "Sineddoche, prof! La parte per il tutto!" - "Bravo, figliolo." Le piante dei piedi, i quali (rullo di tamburi) sono l'elemento base della metrica italiana: i mattoncini Lego dell'Italiano, e dunque della Musica, con cui possiamo costruire qualsiasi cattedrale del pensiero, e quindi sonora. Ne abbiamo di tronchi: PÀM! Ne abbiamo di piani: PÀ-pam! Ne abbiamo di sdruccioli: PÀ-pa-pam! E tanto ci basta a scrivere di tutto, perché possiamo combinarli tra loro. Vale quanto già detto, sempre QUI, quanto alla chiave (slang per rima) della stanza (slang per verso) che non si trova (voce del verbo trobare, poetare) al buio (alla parola buio, che in italiano non conosce rima baciata): non è un plot twist affinché il giovane marpione squattrinato prenda la mano a una (dichiarata) puttana dopo tre minuti che gli è entrata in casa: è slang poetico, sono parole d'ordine con cui due membri di una stessa Setta (quella che in un celebre film chiamarono "dei Poeti Estinti") si riconoscono tra loro. Marcello, uscendo, ci toglie ogni dubbio: "Trovò la Poesia!": ché di questo campa, un Trovatore che conosca il mestier: trovare la Poesia. Be', per le piante ascose è uguale: Tra queste piante ascose ("tra questi metri poetici occulti") Ti vo' la fronte ("voglio che il fronte, prima parte della strofa") Incoronar di rose - ("rimi con rose" nel sirma, seconda parte della strofa). Guarda caso, anche qui siamo al buio: in un giardino, di notte, che fa da speakeasy poetico a un incontro tra due che, ascoltandosi, s'intendono, e a dispetto di qualsiasi camuffamento. Questa scena (al pari dello scrigno) in Beaumarchais è del tutto assente. E se tu, Lorenzo Da Ponte, complice Amadeus, nel trarre il film da una saga strafamosa, ti prendi la responsabilità di allontanarti dall'amatissimo e popolarissimo originale per una scena intera, è perché hai da assolvere a un compito preciso. |
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In questa scena, Susanna, lo sappiamo bene, è travestita da Contessa: le due amiche scrittrici avevano predisposto un piano preciso, in merito (ovviamente in versi: la Canzonetta sull'Aria), che già comprendeva delle piante (i pini del boschetto, sotto i quali un qualche buon intenditor avrebbe dovuto capire già il resto). Ma come può un soprano imitare la voce di un altro soprano al fine di contraffarla, al buio? Copiandone paro paro il recitativo precedentemente udito: "E Susanna non vien..." diventa "Giunse alfine il momento..." - cambiano le parole (capite, quanto poco esse contino?), ma i valori, le altezze e la tonalità sono le medesime.
Ma alla serva non basta imitare nel suono la parlata sciscì della padrona (non so se avete presente come parlavano gli italiani colti ancora a inizio del XX secolo, e direi fino a una buona sua metà): occorrono anche i contenuti. Sicché Susanna - ovvero Da Ponte per lei - si improvvisa poetessa macellando a pappagallo un noto madrigale di Tasso: Ecco mormorar l’onde [qui mormora il ruscel] e tremolar le fronde a l’aura mattutina [qui scherza l'aura] ... l’aura è tua messaggera, e tu de l’aura [che col dolce sussurro] ch’ogni arso cor ristaura [il cor ristaura]. Se nella pièce originale bomarsciana questa scena celeberrima manca del tutto è perché non serve nella trama; dunque perché inserirla? Perché essa serve la Poesia, il fine vero, ultimo, di tutta l'operazione: poeti che parlano in versi ad altri poeti, al buio della Storia, sapendo che solo gli adepti intenderanno. (Avete visto Le Ali della Libertà? La scena che vede magistralmente protagonista la Canzonetta afferma, al pari di questa newsletter, che la trama e le parole non abbia alcuna importanza.) Questo video ritrae il recente incontro tra me e una mia adepta: |
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Dunque la dizione è muta, segreta, buia, ascosa: il famosissimo suono coperto del Belcanto. Roba da intenditori, che sanno che sotto a un dipinto a olio c'è il disegno prospettico a carboncino - anche se non si vede, o non ci sarebbe il dipinto - e che dietro a una cattedrale c'è il disegno di un architetto. Di piante ascose consta il nostro pensiero tutto. I cantanti fanno della dizione una questione buccale, anziché mentale, per deformazione professionale (mai locuzione fu più appropriata, o professione più deformata): ma un percussionista e un pianista usano la dizione anche più di un cantante, se sono bravi. La dizione non c'entra con la narrazione verbale, è la struttura fondamentale di tutto ciò che è. In Musica ci serve al pari del solfeggio e, di fatto, la dizione è, la forma più antica di solfeggio, dacché prima della scrittura diastematica il metro era la pianta ascosa del verso, che gli dava il ritmo (e, a saperlo ben intendere, discernendone il modo a partire dall'argomento e da alcune parole chiave, anche la melodia).
Non ci serve Netflix, ma forme così perfette da essere di bellezza memorabilie: dacché solo ciò che è pattern è memorizzabile. Non ci serve Netflix ma che due Poeti, nel buio della Storia, trovino la via segreta per incontrarsi, intendersi e lasciarsi un testimone. Ma testimone di cosa? |
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"Stringiamci a coorte: l'Italia chiamò.": ecco di cosa.
I poeti hanno sentito la voce dell'Italia chiamarli e sono corsi alle armi, anzi, per dirla col Trovatore capo: "All'Armi!" L'Italia si è chiamata per nome attraverso i suoi soldati armati di penna e, anche se ci ha messo quasi mille anni, e anche se le è costato tanto sangue, ce l'ha fatta, a vedersi una. È stata brava, ha fatto tutto al buio. È rimasta ascosa per secoli, la pianta dello stivale (che è da dove la Maestra vi scrive, oltre che dove è qui ritratta, peraltro). Quella voce, io la sento e il mio lavoro è farla sentire anche a voi: conosco il mestier. E conoscere il mestiere è il solo modo per essere liberi: chi ha un mestiere in mano è ricco e libero anche quando è occasionalmente disoccupato; chi si limita ad avere un lavoro senza possederne il mestier è solo un schiavo mercenario. Siate lavoratori liberi, sempre. |
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L'Italia che io vedo è una trovata. Poetica. Geniale. Cantare Italiano è un'aura che spira tra piante ascose: e se questa non è la definizione del Belcanto più perfetta e sintetica - ossia poetica - che abbiate mai sentito, non so cos'è. Buona Festa del Lavoro, Poeti. All'Armi! La Maestra |
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extremely good at this (Graham Vick) a fantastic coach, extremely helpful for young singers as well as experienced ones (Barbara Hannigan) lingual and linguistic genius, almighty for vowel purity (Peter Tantsits) bringing the language, the music and the characters to life; results of the very highes quality (Paul Nilon) the foundation of a role, doesn't go on stage if she hasn't worked with me on it (Jennifer Rowley) magic keystone of vocal technique, musical interpretation and building of the character: a radical rethink of the act of singing (Anna Piroli) her incredible breadth of knowledge makes me feel entirely prepared (Heather Lowe) opened up my voice, and a world before my eyes; every Conservatory should benefit of her teachings (Giulia Zaniboni) a 180° turn in my work with the singers (Theophilos Lambrianidis) like four professionals in one: taking all those elements and conveying them into one single intention (Yiselle Blum) invaluable to make a role really succeed on stage (Ariadne Greif) thoroughly prepared and professional (Marie Kuijken) her work favours deep understanding, which makes the phrasing and vocal line. she is entirely devoted to the art of Opera singing, and her students (Ida Falk Winland) incredibly informed, consistent, knowledgeable Maestro (Michael Corvino) a lifeboat; carrying the torch of finest Italian Opera (Nathaniel Kondrat) a cure and a respect of the Music and the words’ musicality that can be learnt so deeply nowhere else in the world (Matilde Bianchi) an unconventional guardian angel (Giulia Ferraldeschi) |
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