NOTIZIARIO 4/21 Rinascita 18 Società Benefit Alta Formazione Antroposofica e La Questione Sociale Anno I Numero 4-Settembre 2021 Bollettino mensile d'informazione e rubrica di notizie | Editore: Margarida Tavares | Direttore responsabile: Maria Samonà | Redazione: Alma Nicolicchia | Sede legale, amministrazione: Via Alessio Narbone nr.58, Palermo 90138 | P.Iva e C.F.06662510822. Argomenti: ANTROPOSOFIA 3° PUNTATA - TRIPARTIZIONE: REDDITO DI CITTADINANZA, LAVORO, SARS-CoV-2 - VERSO UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE SOCIALE. FOTO DI COPERTINA DI STEFANO FOGATO |
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Editoriale A cura di Maria Samonà Dopo la pausa estiva, densa di avvenimenti, riprendiamo con il mese di Settembre le attività di un nuovo anno sociale in un’atmosfera gravida di interrogativi. Siamo certamente in un periodo storico estremamente importante che può dare a tutti noi la consapevolezza che se siamo presenti in un corpo fisico sulla Terra, in questo momento, è perché tutti noi possiamo fare delle scelte e dei gesti significativi, e non solo per il momento attuale. Infatti, se impariamo a guardare le nostre esistenze un po' più da lontano, osservandole inserite in un flusso storico evolutivo, avremo molto più chiara l’importanza della nostra presenza, nessuno escluso, per orientare le scelte future dell’umanità e l’evoluzione planetaria. Abbiamo nella nostra memoria storica come, periodicamente, l’umanità si sia confrontata con gravi difficoltà non nate per caso ma sempre frutto di preparazione di anni di confusione e egoismi. Sappiamo anche che da questi periodi poi si esce. Come se ne esce è fondamentale. Per dar vita a cosa? |
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In questo numero di Rinascita poniamo davanti ai nostri occhi l’essenzialità, le basi da cui ogni giorno ripartire. A tale scopo vogliamo pubblicare qui l'articolo tratto dalla rivista Kairòs: VERSO UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE SOCIALE, ambito che acquista ogni giorno importanza e vigore strategico per la ripresa. Si tratta di un articolo di Gerard Klockenbring che richiama all’importanza, fondamentale, per l’umanità di sentirsi pronta a vivere con responsabilità l’esperienza della comunità sociale. Klockenbring affronta soprattutto la questione di come considerare il denaro che egli definisce “un affare eminentemente spirituale” e propone varie soluzioni per gestirne l’uso. Nell’iniziare un nuovo anno sociale, torniamo ai fondamentali, e lì troveremo sempre incoraggiamento e entusiasmo. In questo numero avremo anche la prosecuzione dello scritto di Carmelo Samonà sull’Antroposofia. Vi sono anche segnate le date dei corsi e dei seminari di Alta Formazione Rinascita 18. Tra questi segnaliamo con inizio al 9 Settembre il corso on-line di ASTROSOFIA in 6 lezioni-conversazioni con Maria Samonà. Buona lettura dunque e buona ripresa! |
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Pubblicazione a puntate da uno scritto del Dott. Carmelo Samonà ANTROPOSOFIA 3° puntata 01/09/2021 ... Nel pensare l’io si sperimenta come essere, come sostanza spirituale. (Continuazione dal numero precedente) Mentre la civiltà antica prendeva le mosse dalla spontanea intuizione dell’universale come fondamento della natura, ora invece approda alla scoperta interiore del vero entro la coscienza di sé. Questo radicale mutamento della prospettiva del pensiero inaugura quella nuova epoca della evoluzione della coscienza che nella letteratura antroposofica viene indicata come epoca dell’anima cosciente. In questa nuova epoca lo spirito appare interiormente come soggetto. E appare interiormente come soggetto per il fatto che il pensiero si flette entro se stesso in modo da sperimentarsi interiormente come essere, in modo da sperimentare interiormente l’essere. L’essere che si sperimenta interiormente è l’io che acquista coscienza di sé. Il pensare si sperimenta come essere. Non è dunque solamente volto all’essere che sta fuori di sé ma si volge a se stesso per sperimentare se stesso come essere e questo schiudersi interiore del pensiero entro se stesso questo sperimentarsi interiore del pensiero nella sua essenza è il risvegliarsi dell’io alla coscienza di sé, è l’anima cosciente. Il pensiero che si volge a se stesso diventa il substrato dell’io. L’essere e il pensare coincidono nell’autocoscienza e in tal modo questa si pone come il nucleo indistruttibile della identità con se stesso e come il fondamento della relazione con la realtà. Questo svelarsi interiore dell’essere alla coscienza emerge come l’essenza dell’uomo, come l’io cioè come il fondamento universale della esistenza singolare. Emerge come l’identità tra l’universale e il singolare. E questa identità è l’essenza dell’io che sperimenta se stesso nell’anima cosciente. La posizione è completamente capovolta rispetto al mondo antico. L’anima antica era rivolta sperimentare le tracce dello spirito universale in ogni manifestazione della natura, in ogni singolo essere naturale, a ricostruire la relazione tra ogni manifestazione particolare e ciò che ne costituisce il fondamento invisibile. Presupponeva spontaneamente l’universale come il fondamento invisibile di ogni essere particolare. Ascendeva dal particolare all’universale. La forza che oggi viene investita per disgregare l’oggetto in modo da discendere al di sotto della sua superficie ed esplorarne i particolari nella ricerca delle leggi che stanno a fondamento di esso, veniva rivolta nella direzione opposta, in modo da ricollegare l’esistenza singolare di ogni essere particolare con il suo fondamento universale, in modo da ascendere alla relazione con l’universale da cui ogni singolo essere trae la ragione della sua esistenza. Dal particolare all’universale, questo era l’orientamento del pensiero antico. Il risultato di questo atteggiamento del pensiero è il sillogismo. Il sillogismo è la forma del pensiero che collega il particolare con l’universale. Nel passaggio alla nostra epoca vi è dunque una vera e propria inversione dell’orientamento della coscienza nella ricerca del senso della realtà. Oggi il pensiero si muove al di sotto del particolare e cerca al di sotto dell’oggetto le ragioni della sua esistenza disgregandolo nell’esperimento. Nella epoca che ci ha preceduto al contrario si ricercava al di sopra di ogni singolo oggetto e di ogni singolo fenomeno la ragione della sua esistenza, andava nella direzione opposta, in modo da ascendere dal particolare all’universale, universale che veniva sperimentato spontaneamente come l’evidenza della presenza dello spirito nella natura. La presenza dello spirito nella natura costituiva una evidenza spontanea per la coscienza antica. Era una evidenza presupposta, ama non teoricamente o ipoteticamente, ma intuitivamente. Questa evidenza si estingue con l’emergere della coscienza contemporanea. Con la stessa forza con cui si estingue questa immediata evidenza della presenza dello spirito nella natura si solleva dall’interiorità l’evidenza dell’io come la rivelazione della potenza universale dello spirito che opera come soggetto in ogni singola anima umana. Si solleva l’evidenza dello spirito soggettivo come essenza dell’uomo. Lo spirito scompare dal corpo per apparire nell’anima. Il mondo antico si inabissa e questo inabissarsi è la conseguenza dell’estinguersi della coscienza della presenza dello spirito universale entro l’immensa varietà delle manifestazioni della natura. L’uomo antico intravedeva in modo spontaneo e istintivo la presenza della potenza creatrice dello spirito nelle manifestazioni esteriori della natura e questa era l’ultima traccia di quella coscienza arcaica che aveva celebrato i suoi trionfi in Oriente. La natura stessa è spirito per l’uomo antico, è la rivelazione dello spirito. L’Uno costituiva per l’uomo antico il fondamento invisibile del molteplice e operava in esso in modo immanente come potenza creatrice, operava cioè come totalità. La Totalità era l’atto dell’Uno nel Molteplice. Questo attuarsi dell’uno nel molteplice attraverso la totalità veniva sentito in modo duplice. Dalla totalità ogni singolo essere traeva la propria origine, attingeva da quella potenza che lo determinava a partire dal principio, in modo da costituire la base della sua creazione e della sua dissoluzione. La totalità era presente come memoria oggettiva delle origini di ogni essere, particolare, come tessuto in cui ogni essere si crea e si dissolve. Dall’altra parte la totalità era il fondamento sul quale ogni essere particolare entrava in relazione con gli altri esseri ritrovando in questa relazione la propria collocazione, il luogo determinato entro l’insieme nel quale era radicato .i La posizione di ogni essere nel contesto della realtà era determinata a partire dalla totalità. La prima forma di relazione con l’uno attraverso la totalità è una relazione temporale, collegata con la nascita e con la morte. La seconda è una relazione spaziale collegata con ciò che si determina fuori di sé nella varietà degli esseri, nella relazione con l’altro da sé. Il principio di relazione con la totalità è Eros che tiene insieme l’universo, che in qualche modo ne costituisce la forza di coesione. Afrodite Eros sono l’amore che opera come forza di coesione dell’universo. Ora questa coscienza si inabissa. Si inabissa la coscienza dell’uno che si manifesta nella totalità come il fondamento universale di ogni essere particolare. Ma da questo inabissarsi dello spirito oggettivo si solleva dalla parte opposta, affiorando nel versante soggettivo dell’anima, l’esperienza interiore dello spirito come l’evidenza interiore di se a se stesso, come la combustione dell’essere nello spazio interiore della coscienza dove si annuncia come l’io che si svela a se stesso nell’anima cosciente. Lo spirito universale muore per risorgere nello spirito individuale. Lo spirito si retrae entro il territorio soggettivo della coscienza. Abbandona le ampiezze del mondo per emergere dalle profondità dell’anima. L’io sorge nell’interiorità come la resurrezione dello spirito entro l’uomo. Questa estinzione del sentimento spontaneo della presenza dell’universale come fondamento della realtà esteriore comporta da parte della coscienza un completo cambiamento di prospettiva La realtà esteriore svuotata del suo fondamento interiore appare per la prima volta nella forma esteriore dello spazio, cioè nella sua nuda oggettività. Lo spazio si rischiara davanti alla coscienza come la forma del reale svuotata di interiorità. Appare come grandezza esteriore, estensione. Per la prima volta la realtà può essere dunque vissuta e pensata nella sua forma esteriore nella sua trasparenza oggettiva. Dalla parte opposta lo spirito si ritrae entro l’uomo in modo da potersi sperimentare interiormente come soggetto, da potere poggiare su se stesso e da porre in se stesso le ragioni della propria relazione con la realtà. Lo spirito si svela dall’interno nell’io. Lo spirito come soggetto si determina come Il baricentro della relazione con la realtà. Si compie cioè la radicale divaricazione e la radicale opposizione tra il versante oggettivo dell’essere dove viene posto tutto il reale che è estraniato da se, che è altro da se e che dunque si contrappone allo spazio della coscienza come il suo limite oggettivo e necessario. A questo si contrappone il versante interiore da cui emerge l’evidenza interiore di se a se stesso. L’essere si svela interiormente a se stesso nell’autocoscienza. Questa doppia conquista della coscienza contemporanea ha la sua espressione storica da una parte nella riforma protestante e dall’altra nelle grandi navigazioni che portano ad una nuova rappresentazione geografica della terra. La Riforma protestante sposta nel soggetto il fondamento della relazione con la dimensione metafisica eliminando il ruolo di mediazione della chiesa. Il soggetto sperimenta ormai lo spirito entro di sé traendolo dalle più intime profondità dell’anima, cioè dalla parte opposta a quella della realtà oggettiva. Il soggetto si trova in quanto soggetto in relazione con la trascendenza. In realtà la riforma protestante si pone a cavallo tra la vecchia e la nuova epoca ritornando da una parte ai valori originari del primo cristianesimo, valori che però vengono vissuti in modo completamente nuovo da una prospettiva in cui emerge con potenza il soggetto autocosciente, espressione di un processo di interiorizzazione dello spirito. Ora è appunto a partire dal soggetto che si dischiude interiormente a se stesso poggiando sul suolo dell’autocoscienza che prende l’avvio la relazione con la realtà , realtà che viene riconosciuta come vera solo nella misura in cui il suo contenuto risulti evidente alla esperienza individuale. IL vero deve risultare vero non più in base alla assunzione di un principio di verità attraverso la fede rivolta ad una autorità, ma solo nella misura in cui possa risultare intellegibile o sperimentabile da parte della coscienza individuale. Solo nella misura in cui il soggetto si percepisce entro se stesso come l’epicentro della relazione con la realtà, solo nella misura in cui attraverso la potenza del pensare si attesta saldamente in se stesso poggiando sul suolo della certezza di sé, solo allora può inaugurare una rinnovata relazione col mondo in modo che questo si disveli come trasparente all’intelletto nelle sue leggi e nelle sue forme. Ora la coscienza si è evoluta raggiungendo gradualmente la stadio dell’anima cosciente.In questo momento si creano nel corso dell’evoluzione della coscienza i presupposti perché una corrente spirituale come l’antroposofia possa manifestarsi come apportatrice di quei contenuti spirituali che corrispondono ai bisogni oggettivi dell’umanità. L’antroposofia può manifestarsi solamente quando il pensare si evolve sino a quella attitudine che possiamo indicare come scientifica. Questa attitudine deriva dal fatto che la coscienza demarcandosi in se stessa e rimuovendo fuori di sé la realtà la riconosce in quanto realtà nella forma dell’oggetto. Solo per il fatto che l’individualità si ritira entro se stessa la realtà assume la forma oggettiva. L’oggetto è la forma in cui la realtà si mostra davanti alla coscienza individuale. L’oggetto è la forma di presentazione della realtà davanti alla coscienza da cui bisogna prendere le mosse perché essa corrisponde alla posizione della coscienza rispetto alla realtà .Infatti è proprio da questa attitudine della coscienza a retrarsi in se stessa e a porre davanti a se la realtà nella forma esteriore dell’oggetto deriva la necessità di non presupporre se non quello che la realtà stessa pone davanti alla coscienza. Questa condizione della coscienza di fronte alla realtà è dunque il risultato di un doppio movimento. Un movimento di respingimento per il quale la realtà viene posta a quella distanza nella quale appare dall’esterno, cioè nella forma dell’oggetto. In un certo senso la coscienza rimuove fuori di sé la realtà. Si estingue l’unità interiore con la realtà che caratterizzava le forme di coscienza precedenti. In queste forme di coscienza precedenti l’unità interiore con la realtà era spontaneamente e immediatamente presupposta. Con lo stesso atto si produce il movimento opposto nel quale la coscienza si retrae in se stessa in modo da schiudersi alla esperienza interiore di sé cioè nella forma di soggetto autocosciente. Viene ad estinguersi tutto ciò che lega l’uomo interiormente alla realtà, e il prodotto di estinzione è la forma esteriore dell’oggetto da una parte e la certezza di sé come soggetto autocosciente dall’altra. In questa forma di relazione tre coscienza e realtà il sapere assume quella forma che nel corso del tempo si è espressa nei filosofi e nei naturalisti dell’epoca di Goethe e che è approdata nell’Antroposofia. Ma a cavallo tra le forme di conoscenza delle epoche precedenti orientate in senso metafisico e i nuovi impulsi di conoscenza che partendo dall’oggetto si muovono secondo una prospettiva fenomenologica osservativo-introspettiva, si sviluppa il metodo di indagine analitico sperimentale, quel metodo che celebra i suoi trionfi nella tecnologia. La concezione della realtà che deriva da una certa interpretazione dei risultati di questo metodo può essere considerata una ultima estrema forma di teologia e di metafisica, un prodotto estremo dell’orientamento della coscienza antica. Verso l’assoluto, un assoluto che in questa forma estrema si traduce in un assolutismo ideologico. Infatti il metodo analitico-sperimentale non parte dall’oggetto, ma parte da un presupposto, parte da una teoria presupposta che viene considerata impropriamente come ovvia . Parte dal presupposto che la realtà risulta intellegibile solamente se viene concepita come un meccanismo nel senso più ampio del termine, cioè se viene interpretata come il risultato di una causalità esteriore. Questa teoria viene considerata a priori come vera e viene anteposta all’osservazione. Parte dunque da una teoria, da una dottrina della realtà. Questa teoria viene posta in modo assertivo come una verità universale , proprio come avviene nelle teologie antiche. Vi è in un certo senso un atteggiamento totalitario della coscienza che rappresenta una ultima espressione decadente dell’universalismo antico. Da questo presupposto , da questa dottrine universale della realtà il metodo sperimentale trae le sue ipotesi. Infatti ogni ipotesi può essere ricondotta a queste due domande: quale è la struttura di questo oggetto? Quale è il meccanismo d’azione di questo processo? Si riconosce già dalle ipotesi e da come sono formulate che queste derivano da una teoria della realtà. Ogni ipotesi che avvia la procedura sperimentale è tratta dunque da questo presupposto, da questa teoria della realtà, teoria che viene anteposta all’osservazione. Per effetto di questo presupposto teorico la procedura sperimentale comporta una disintegrazione dell’oggetto e del fenomeno. In realtà l’esperimento è una dissezione del fenomeno. Ingrandimento, dissezione, riduzione in parti semplici sono gli aspetti fondamentali dell’esperimento. Questo comporta il fatto che l’oggetto viene modificato prima di essere osservato. Subisce da parte del soggetto una alterazione che consiste nella sua frammentazione. Ciò che viene considerato, ciò che cade entro l’orizzonte dell’osservatore non è più l’oggetto, così come si presenta alla osservazione ma i suoi frammenti, le macerie dell’oggetto stesso che risultano dalla dissezione prodotta dall’esperimento. Non è più l’oggetto, ma un artefatto dovuto all’intervento del soggetto. Non si può dire dunque che questo metodo di indagine sia oggettivo giacché l’oggetto subisce una profonda alterazione prima di essere osservato e ciò che sta davanti all’osservatore non è più l’oggetto ma il risultato del suo intervento. L’oggetto risente profondamente dell’intervento del soggetto. Ciò che è accessibile al metodo di indagine analitico sperimentale non è più l’oggetto, ma ciò che si trova al di sotto di esso e che viene tirato fuori dall’esperimento. In realtà il metodo analitico sperimentale è uno strumento per rompere la superficie dell’oggetto e discendere su di un piano di realtà che si trova al di sotto di esso. La procedura sperimentale è come une sonda che penetra al di sotto della superficie dell’oggetto, in modo da estrarre e portare alla superficie quelle leggi che poi hanno la loro applicazione nella costruzione delle macchine, negli utensili della tecnologia. La tecnologia è la prova del fatto che il metodo analitico sperimentale è uno strumento valido per esplorare quel piano di realtà che si trova immediatamente al di sotto di quello oggettivo, cioè di quello immediatamente accessibile all’osservazione. In un certo senso la tecnologia è una nuova realtà che l’uomo ha estratto dal sottosuolo calandosi al di sotto dell’oggetto e rompendone la superficie attraverso quella sonda, quella trivella che è appunto il metodo analitico sperimentale. Il metodo analitico sperimentale è un attrezzo per perforare l’oggetto e calarsi nel sottosuolo della realtà per estrarre quelle leggi in base alle quali viene costruita la tecnologia. La tecnologia è una nuova realtà che si aggiunge ai tre regni della natura. Un nuovo regno creato dall’uomo e che si frappone tra l’uomo e la natura. Il metodo analitico è dunque completamente valido in quell’ambito nel quale trova la sua legittima applicazione. Quest’ambito è costituito da quel substrato della realtà che si trova immediatamente al di sotto di quello in cui è collocato l’uomo. In questo ambito va considerato completamente valido. Attraverso il metodo analitico sperimentale è possibile aggiungere al dato oggettivo il dato sperimentale. Si dovrebbe parlare di scienza solamente a partire dal momento in cui attraverso l’elaborazione del metodo analitico sperimentale si è reso possibile aggiungere al dato oggettivo il dato sperimentale, cioè a partire all’incirca dal quindicesimo secolo. Questo accumularsi di una smisurata quantità di dati sperimentali ha esteso enormemente i contenuti della conoscenza della realtà, ma non altrettanto la capacità di interpretarli. Proprio il fatto che il metodo analitico sperimentale è il prodotto di una intrusione ideologica che si incunea nell’osservazione e che determina una restrizione del territorio di esplorazione al sottosuolo della realtà, proprio questa delimitazione invalicabile della validità del metodo, determina una impossibilità di interpretare la realtà nella sua complessità rimanendo all’interno di esso. Proprio la mancanza di consapevolezza di questo limite ha come ineluttabile conseguenza l’incapacità di integrare il dato sperimentale al dato oggettivo e quindi di interpretarlo in maniera conforme alla realtà. Inoltre determina la spinta totalitaria, la tentazione a ritenere i risultati dell’indagine analitico sperimentale validi per tutti i piani e per tutti gli ambiti della realtà. Questa spinta totalitaria legata all’uso impropri del metodo analitico sperimentale determina fatalmente la compulsione a escogitare modelli interpretativi che sono di tanto distanti dalla realtà di quanto ristretto è l’ambito della realtà in cui è valido l’uso di esso. Si tratta di un vero e proprio straripamento interpretativo. Questa estensione abusiva del metodo analitico sperimentale a tutta la realtà non può che avere come conseguenza la costruzione di modelli interpretativi bizzarri che spacciano in modo ingiustificato il paradosso per evidenza . Si costruisce su di una falsa interpretazione del dato sperimentale e su una incapacità di integrarlo con il dato oggettivo una specie di mostruosità fantastica derivata da quella deformazione della realtà che è sempre il risultato di una dilatazione abusiva di una prospettiva interpretativa unidirezionale. Essa ha il proprio paradigma nel delirio. Nel delirio infatti un nucleo interpretativo rigido e limitato, attraverso un processo di selezione dei fatti e delle esperienze, produce una immagine deformata e unidirezionale della realtà che viene vista come attraverso uno specchio deformato. Quello che nel delirio è una malattia, nell’ideologia scientifica diventa una caricatura della realtà. A proposito delle escogitazioni e delle elucubrazioni dell’ideologia scientifica si può parlare di un delirio lucido nella realtà. Una specie di monocultura del pensiero che non tiene conto della totalità e della sua complessità. Ma, se sul piano della conoscenza questi modelli interpretativi della ideologia scientifica possono essere considerati come dei parti mostruosi della mente, sul piano concreto della realtà sociale essi diventano cariche morbose dotate di una estrema virulenza, capaci di sconvolgere la vita umana lasciando dietro di sé una scia di sangue., di morte e di distruzione. Da queste pseudo verità che confondono i fatti con le interpretazioni si produce una minaccia permanente nei confronti della società umana, un continuo attacco nei confronti dell’umanità, dei suoi diritti e delle sue conquiste morali . Solo una prospettiva più ampia consente di valorizzare i risultati dell’indagine analitico sperimentale in modo da integrarli in una più vasta e profonda conoscenza della realtà che possa ricollocare l’uomo nelle sua giusta posizione nei confronti della tecnologia in modo da fare di questa lo strumento del suo progresso e non della sua distruzione. Questo ampliamento di prospettiva, questa estensione dell’orizzonte di conoscenza e di esplorazione della realtà che possa anche consentire di inquadrare la scienza e la tecnica nel suo ruolo all’interno dell’evoluzione dell’umanità è rappresentato dalla prospettiva metodologica che sta alla base dell’Antroposofia. Questa prospettiva rappresenta la cancellazione di ogni ideologia. Possiamo chiamare il metodo che sta alla base della indagine antroposofica della realtà metodo goetheanistico per il fatto che esso è stato inaugurato da Goethe nelle sue opere scientifiche. Potremmo anche chiamarlo metodo fenomenologico, metodo osservativo introspettivo. Esso prende le mosse dall’ oggetto e quindi si fonda sul primato dell’osservazione. Da questo punto di vista esso rappresenta un passo in avanti rispetto al metodo analitico sperimentale, che peraltro viene pienamente riconosciuto nel suo ambito. Infatti il metodo analitico sperimentale prede le mosse da una dottrina della realtà che restringe il suo campo di osservazione e deforma i suoi criteri interpretativi . Qui ogni ideologia è abbandonata. Qui si va direttamente alle cose. (Cont.) |
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Tripartizione Di Marco De Berardinis Reddito di cittadinanza Nell’ambito del dibattito politico tuttora in atto, emergono alcune considerazioni che meritano di essere approfondite. Alcuni movimenti criticano ampiamente l’assegnazione di un reddito di cittadinanza in quanto sembrerebbe disincentivare la voglia di lavorare per starsene a casa. C’è poi chi sostiene che il reddito di cittadinanza premi i furbetti o che settori come l’alberghiero fatichino a trovare lavoratori nel sud Italia e questo sembra inammissibile all’Establishment. Premettiamo che misure come il reddito di cittadinanza, il denaro a scadenza, la libertà di insegnamento e di ricerca, avulsi dalla Tripartizione dell’organismo sociale in tre settori autonomi ma cooperanti sono misure che non possono essere prese in considerazione per un giudizio sulla Tripartizione in sé. Il reddito di cittadinanza, nell’Organismo tripartito, è un reddito che viene elargito a tutti senza distinzione e che tiene conto del fatto sacrosanto che se una persona volesse vivere da lavativo tutta la vita al bar, gli verrebbe comunque elargito senza troppo polemiche. I paradossismi che oggi osserviamo emergono principalmente dal fatto che l’organismo spirituale viene manovrato dall’organismo statale e da quello economico. Non si insisterà mai abbastanza sulla necessità di svincolare le scuole, le università, i laboratori di ricerca, dall’influenze esercitate dallo Stato e dai finanziatori economici. Lavoro Chiunque oggi può osservare che il lavoro è cambiato dall’ingresso nell’ Unione europea, divenendo sempre più burocratizzato da un lato, mentre dall’altro negli ultimi anni abbiamo assistito sempre più frequentemente all’ingresso nel linguaggio di parole come mobbing (prevaricazione) e ghosting (allontanamento). Se volessimo osservare attentamente, dove negli ambienti vi è maggiore abuso di potere, si parlerà di mobbing, dove invece non c’è dialogo si parlerà più di ghosting, anche se la linea di separazione non è mai così netta. Quindi stiamo assistendo a una sempre maggiore attenzione alle problematiche del lavoro che purtroppo vengono affrontate da uno Stato fortemente condizionato da politiche economiche con lungaggini decisionali che ne rasentano l’assuefazione. Presto la sempre più spinta automazione porterà a doverci confrontare sempre più con le macchine sviluppate dalle multinazionali dei più svariati settori e andranno analizzati termini come eugenetica liberale (con incluso i limiti sulle sperimentazioni dei minori), ermeneutica, bioetica, passaporti e patenti sanitari. Si tratta di nuove sfide che possono essere inquadrate solo in un organismo spirituale libero, in un settore giuridico autonomo e in un organismo economico trasformato. Facciamo un esempio: immaginiamo che la decisione di una terapia non venga da un medico ma da un algoritmo di un software. Oggigiorno vediamo sempre più che le banche ci richiedono un maggior numero di dati da cui escono degli indici che possono ad esempio negarci o acconsentirci un mutuo oppure assistiamo al sempre più frequente fenomeno dei risponditori automatici dei vari servizi che ci assillano l’esistenza e ci tolgono il contatto. Questi fenomeni sono al momento sono all’inizio ma dobbiamo dargli una direzione tanto che è sorto un nuovo vocabolo “algoretica” che non ci sembra risolvere nulla in quanto rimane nell’astratto ma comunque è precursore della necessità di una normativa di riferimento. Sars-CoV-2 Nell’ambito delle malattie contagiose e infettive, Rudolf Steiner ha dato una chiara indicazione nel libro Epidemia (1) che non si osservano accuratamente certi fenomeni, facendo riferimento che se un matematico sostava in un reparto di malattie infettive, aveva meno probabilità di contagio e oggi queste osservazioni non passano nemmeno lontanamente nella testa della gente. Pertanto oltre a indossare la mascherina, a distanziarsi di un metro quando si va a fare la spesa o si cammina, in metro, autobus o treno, sarebbe molto proficuo pensare triangoli, cerchi o equazioni... specie in quelle situazioni di assembramento (parola militare usata al posto della parola comune affollamento), che tanto preoccupano le autorità sanitarie. In realtà, una disciplina del genere è alla portata di tutti e anche la persona meno avvezza ai calcoli matematici, può pensare a un quadrato, a una piramide cercando di figurarsela il meglio possibile, a un prisma e cosi via… (1) Rudolf Steiner pag. 55 Epidemie: Il pensare logico e puro ha come effetto anche quello di rafforzare, di essere salutare per il corpo fisico, rendendolo meno soggetto alle malattie; chi ne ha dimestichezza, per esempio i matematici, ha meno da temere quando entra in un reparto per malattie infettive, come il colera. [...] Si acquisisce in questo modo una maggior sicurezza in tutte le questioni della vita interiore ed esteriore. Le persone forti ascolteranno solo la propria voce interiore, mentre quelle deboli seguiranno sempre i consigli e i suggerimenti di altri. |
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AGENDA SETTEMBRE-OTTOBRE 2021 - 29 agosto: Gruppo di Studio La Questione Sociale
- 9/16/23/30 settembre: Corso (6 incontri) di Astrosofia in presenza e in video-lezioni zoom
- 12 - 19 - 26 settembre: Gruppo di Studio La Questione Sociale
- 18-19 settembre: Corso Maestri di Asilo e Scuola d'Infanzia
- 24-25-26 settembre: Lezioni: Master Pedagogia e Arteterapia: Armonizzatore Biografico
- 2-3 ottobre: Inizio formazione in Agricoltura Biodinamica e Ecologia* a Palermo
- 10 - 17 - 24 ottobre: Gruppo di Studio La Questione Sociale
- 15-16-17 ottobre: Lezioni di Medicina Antroposofica, Master Pedagogia e Armonizzatore Biografico
- 30-31 ottobre: Inizio corso per insegnanti e genitori "Conoscere l'Adolescenza" **
* Corso di Agricoltura Biodinamica e Ecologia - CICLO DI 9 INCONTRI - Cadenza ogni 3 settimane DATE: 2-3 / 22-23 ottobre, 13-14 novembre, 4-5 dicembre, 15-16 gennaio 2022, 5-6 / 26-27 febbraio, 19-20 marzo, 9-10 aprile. ** Formazione "Conoscere l'Adolescenza DATE: 30-31 ottobre, 20-21 novembre, 18-19 dicembre, 7-8-9 gennaio 2022 |
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Dal 9 settembre 2021 Corso di AstrosofiaA cura di Maria Samonà L'Astrosofia è l'Astrologia resa sapienza attraverso l'Antroposofia. In questi 6 incontri si presenterà un quadro generale per una prima conoscenza che ci porti nella pratica. Ci avviciniamo alla sesta epoca di cultura nella quale, ci dice Rudolf Steiner, l'Astrosofia sarà uno dei saperi principe. Dobbiamo quindi iniziare a vedere la nostra vicenda umana con occhi nuovi. Questi incontri saranno un buon inizio. Gli incontri formativi si realizzeranno sia in presenza che attraverso video-lezioni zoom di due ore ciascuno, con cadenza settimanale il giovedì dalle ore 17 alle 19. | | |
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VERSO UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE SOCIALE di Gérard Klockenbring Articolo tratto dalla rivista Kairós nr. 12 nov-dic 1998 |
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L'umanità attuale deve fare i conti con la necessità di dar vita a un senso sociale a livello dell'individuo adulto in un modo più radicale e coerente di quanto non sia mai avvenuto finora. L'uomo non è più retto dai ritmi e dalle leggi cosmiche, da una saggezza istintiva dettata dalle forze dell'eredità e del sangue, non è più sottomesso ad un'autorità che lo guidi e che disponga di lui. Egli deve imparare a scoprire gli elementi della vita sociale e a discernere le loro leggi specifiche al fine di disporle armoniosamente. Gli avvenimenti attuali dimostrano sempre più chiaramente che la vita culturale spirituale poggia sul cammino della conoscenza e non può sopportare, senza danni, alcuna costrizione di qualsiasi genere essa sia, dato che essa emana da una facoltà rigorosa di cui gli individui cominciano a saper usare le regole. L'atto del conoscere è un atto solitario (io posso comprendere soltanto ciò che ho compreso da solo e nessuno può farlo al mio posto), anche se ci si può sviluppare e arricchire solamente nello scambio e nella concertazione liberi. D'altra parte la vita economica poggia sul fatto che, per la diffusione e la diffusione del lavoro che risultano dall'industrializzazione, tutti gli uomini sono divenuti solidali nella produzione dei beni necessari al consumo, e sul fatto che diviene oggettivamente sempre più urgente organizzare questa solidarietà su scala planetaria secondo la bilancia reale dei bisogni e dei prodotti quale si riflette nella fluttuazione dei prezzi. Alla fine il campo che esigerà una creatività sempre più cosciente a tutti livelli-comunità di impresa, ad amministrazione, di distretto, di religione, di nazione, di lingua, di continente-, il settore propriamente "politico" (Gestione della Polis) è legislativo, e quello in cui si elaborano, si confrontano, si stabiliscono e si rinnovano di giorno in giorno le convenzioni e le regole, le leggi che determinano le modalità dei rapporti dei cittadini tra di loro, dei cittadini con la società o della collettività tra di loro attraverso lo strumento democratico del parlamentarismo su tutti i piani che giustificano l'uguaglianza davanti alla legge. Questo settore del diritto sarà sempre il mediatore tra gli altri due a condizione di rispettare scrupolosamente e di garantir loro una specifica autogestione che renda possibile la creazione di una società umana equilibrata.non si tratta dello schema della Società Ideale, queste sono le tre forze costitutive di ogni tipo di vita comunitaria che, se non sono chiaramente separate e distinte si mescolano nella confusione e generano il caos. Il senso sociale cosciente si risveglia riconoscendo che la libertà è la condizione per una vera vita spirituale e culturale, che l'uguaglianza è la legge valida sul piano delle convenzioni giuridiche e che la fratellanza non è altro che la scoperta della solidarietà economica secondo la quale noi tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri. Affrontando lo studio di un problema pratico, constatiamo che l'indicatore adeguato del rapporto tra i bisogni del consumo e quelli della produzione è il prezzo attribuito alle merci e agli altri servizi e che lo strumento giusto per equilibrare i prezzi e quello di orientare la manodopera della fabbricazione delle merci i cui prezzi siano in ribasso verso le merci i cui prezzi siano in rialzo, al fine di stabilizzare i prezzi stessi in maniera organica e non artificiale. È qui che affrontiamo uno dei punti essenziali e nevralgici della vita sociale. Quello che permette di esprimere il valore, E quindi il prezzo, di una derrata in maniera obiettiva e funzionale in una società complessa -come sono tutte le società di oggi- è il denaro. Quale è la sua funzione? Il denaro è un atto di fiducia: "certifico attraverso di esso di avere raggiunto un accordo sul valore da noi attribuito ad un servizio che tu mi hai reso affinché tu possa ottenere un corrispettivo che vada bene per te e per le tue necessità”. È la promessa di un servizio futuro in cambio di un servizio ricevuto, e tutto ciò rispettando pienamente la dignità e i bisogni dell'altro in origine il denaro era emesso dai templi e dai luoghi dei misteri: le grandi feste e cerimonie erano le occasioni in cui la popolazione si riuniva arrivando da regioni lontane. Diveniva sempre meno possibile portare le vittime che dovevano essere offerti in sacrificio. Si diffuse allora l'usanza di allevare in prossimità dei templi animali adatti alle esigenze del culto, che potevano essere acquistati dai pellegrini attraverso "segni" intermediari. È l'origine della “moneta di scambio” - su cui compariva l'effigie della divinità-emessa dai templi e che restava di proprietà del santuario. La comodità del procedimento finì per estendersi agli atti del mercato profano, sostituendo l'economia del baratto. Per secoli i santuari furono i garanti dell'integrità della moneta il cui ultimo significato era quello di rifluire sotto forma di offerta verso il luogo della sua origine. Il danaro fondato sulla fiducia reciproca e una delle nobili invenzioni dell'uomo: lo ha liberato dai rischi e dalle costrizioni del baratto, lasciandogli il tempo di riflettere e di pianificare anche a lunga scadenza.esso permette di agire consciamente e di non essere sempre alla mercé delle necessità immediate della materia come gli animali tuttavia il suo uso comporta un problema. Una delle funzioni essenziali del denaro è quella di servire come contropartita a delle merci. Siamo in presenza di due correnti: la merce, che va dal produttore al consumatore, e denaro che va nel senso inverso. I due, secondo "il contratto" d'acquisto, hanno lo stesso valore.le merci sono oggetti che si usano invecchiando e si consumano. Nel tempo in cui la merce circola, tra la produzione e il consumo, quando cioè "è sul mercato", essa diminuisce. Il denaro è caratterizzato invece da un valore permanente.una banconota da 100 Fr. continua ad essere una banconota da 100 Franchi. Se è vero-statisticamente-che all'inizio di un anno ci sono circa dal 3,5 al 5% di perdita di merci e che il denaro ha sempre la stessa indicazione di valore esso non vale più del 95. - 96,5 di quello che pretende di valere se questa differenza non viene contabilizzata nel sistema monetario essa lo è certamente nella pratica commerciale. Ne segue un divario progressivo tra il valore nominale presunto e denaro È il suo valore reale. Ciascun possessore di denaro si sentirà dunque perfettamente autorizzato a far valere questo valore nominale, "che gli è dovuto”, e tutti cercheranno di sfuggire a questa svalutazione reale con stratagemmi, esigendo per esempio, interessi più alti delle somme prestate. Tutti conoscono almeno sento più o meno confusamente questo divario e cercano di evitarne le conseguenze facendole pesare su altri. Da ciò che l'incredibile acrobazie della speculazione in tutte le sue forme che non fanno che mascherare debiti con altri debiti meno evidenti, fino a che, un giorno l'altro, questi non verranno alla luce provocando fallimenti, svalutazioni forzate di denaro o truffe di dimensioni continentali o planetarie. Chiamiamo economia liberista tutto ciò che è arbitraria deregulation. Si scaricano i propri debiti su colui che può difendersi di meno e la fiducia tra uomo e uomo si trasforma nel suo contrario. Un fenomeno curioso ci può far pensare. Indipendentemente da tutte le ideologie e da tutte le convinzioni politiche, ma per un istinto innato di realismo, Hjalmar Schacht, quando venne chiamato al ministero delle finanze da Hitler, costretto dal blocco internazionale, decise di non dare nessun altro sostegno al marco se non quello di equipararlo alla produzione di merci, cioè ai prodotti concreti del lavoro, e non al valore del denaro stabilito artificialmente in maniera statica. Questa è senza dubbio la ragione principale per la quale, Malgrado la sconfitta e la distruzione massiccia della guerra e l'isolamento totale, l'economia tedesca si trovò curiosamente piuttosto fiorente alla fine della guerra. D'altra parte nel medioevo, fra il X e il XIII secolo circa, un vescovo tedesco aveva istituito in gran parte dell'Europa centrale un sistema monetario chiamato Brakteaten, in base al quale alla fine di ogni anno la moneta si cambiava con un'altra tenendo conto di una svalutazione di circa il 5%. Questa fu l'epoca in cui non ci furono le crisi economiche né carestie e nella quale videro la luce le più grandi opere architettoniche (fra la fine dell'epoca romanica e la fioritura dell'arte gotica). La questione del denaro è un affare eminentemente spirituale, perché o esso favorisce o, al contrario scardina la fiducia e i rapporti sociali tra gli uomini. Un sistema monetario che istituisca un "deterioramento" o un "invecchiamento del denaro" di circa il 5% dall'anno, e tutto ciò in maniera generale a livello di tutte le pratiche di sconto, avrebbe un effetto rivoluzionario sull'economia: la speculazione e l'aumento sfrenato dei tassi di interesse non avrebbero più ragione d’ essere. La produzione, che oggi lascia sul mercato quantità di prodotti che non hanno alcun rapporto con i reali bisogni del consumo, riprenderebbe un ritmo realistico. Con un'economia attenta ai problemi della manodopera l'automazione l'accelerazione smisurata della produzione riprenderebbero un ritmo ragionevole che farebbe diminuire considerabilmente la disoccupazione (gli operai vengono licenziati perché sono più cari e lavorano più lentamente delle macchine e dei computer). L'agricoltura non sarebbe più assillata dalla concorrenza incontrollabile dell'industria, che concede interessi tre, quattro, sei o otto volte superiori a quelli dell'agricoltura, malgrado tutti i fertilizzanti chimici che dopo qualche anno di sovraffaticamento sterilizzano la terra biologicamente e la soffocano finanziariamente. La sovrapproduzione, la disoccupazione, l'ambiente agricolo non potranno essere riportati ad un equilibrio vitale fintanto che la moneta diffonderà questa menzogna nascosta di un valore duraturo e stabile, che non può che suscitare necessariamente cupidigia e angoscia. Ma tutto questo non può accadere senza un capovolgimento completo delle abitudini inveterate e senza un profondo cambiamento del modo di pensare e delle routines amministrative. Nella misura in cui le coscienze trascureranno di compiere questo capovolgimento per guardare i fatti nella loro realtà saranno i fatti che, per la loro logica intrinseca, manifesteranno in modo eclatante è quello che alcuni per immobilismo o per panico in confessato, rifiutano di riconoscere e che altri camuffano con malizia credendo di poter trarre vantaggio. Tutti noi siamo impegnati in questo processo irreversibile. Esso si svolgerà e si manifesterà necessariamente alle coscienze. Non ci sono mezzi terapeutici più efficaci che prenderne coscienza al più presto e seriamente possibile ripetere questa presa di coscienza come esercizio affinché non diventerà una cosa ovvia in grado di produrre azioni conversazioni discorsi nella vita quotidiana e azioni comuni nella vita pubblica. Sulla scia di questi nuovi pensieri, che sono poi semplicemente inerenti agli avvenimenti e ai fenomeni che stiamo vivendo, bisogna ancora menzionare tre temi che preoccuperanno sempre più gli spiriti. Ci sono tre realtà che vengono considerate merci si comprano e si vendono quando in realtà non lo sono affatto: Il capitale, la terra e il lavoro. Nelle sue opere “i punti fondamentali della questione sociale” (1919) e "I capisaldi dell'economia" (1922) Rudolf Steiner espone e sviluppa idee cui noi qui possiamo solo accennare brevemente. Il capitale non è propriamente parlando, una proprietà privata. Esso infatti si è sempre formato grazie al concorso di numerose persone. Ma si è concentrato e accumulato nelle mani di una o di qualche persona competente. Esso non può essere gestito efficacemente in maniera collettiva, e ancor meno a livello nazionale, come abbiamo già detto. Il capitale è per natura un bene collettivo, ma la sua gestione deve essere concessa a uno o più individualità competenti che agiscono in piena libertà di iniziativa (è la condizione della loro efficienza) per tutta la durata della loro competenza. Una volta che questo periodo trascorso, esso passa nelle mani di un successore riconosciuto come competente. Non si tratta dunque di proprietà, ma di un diritto di libera gestione accordato dalla collettività a persone che ad essa poi rendano conto. Non è inutile constatare che nella pratica, sia i capitali privati sia quelli nazionali si evolvono verso una gestione che si avvicina a questo schema visto che è il più dinamico, benché la "Rendita" succhiata dai suo i - diciamo - proprietari privati o pubblici freni considerevolmente lo sviluppo delle imprese interessate. Le fondazioni e le associazioni senza scopo di lucro si gestiscono perfettamente in questo modo. Il secondo elemento trattato oggi come una merce anche se non lo è, è la proprietà fondiaria, la terra. Nessuno la fabbrica né la consuma. Come il capitale essa è un mezzo di produzione, è il fatto di trattarli entrambi come merci di farne oggetto di commercio, li mette reciprocamente in uno stato di concorrenza assolutamente insopportabile. La terra infatti non produrrà mai ad un ritmo paragonabile a quello dell'industria quali che siano i mezzi messi in atto per estorcerle l’impossibile. È questa la ragione reale del "malessere" dell'agricoltura e della profonda angoscia delle persone interessate. Nessun governo risolverà mai questo problema con misure sussidiarie o compensative, in quanto la terra non può appartenere a nessuno. Anche essa può essere oggetto di un diritto di usufrutto che la collettività assegna a coloro che possono sfruttarla per il bene della società. Questo diritto può essere ovviamente trasmesso ai discendenti in grado di assumerlo positivamente. Potrebbe consistere in un affitto da versare al Comune o un distretto più grande. Nella ex Germania dell'Est molti comuni l'avevano instaurato. Se sul territorio dell’allora Unione Sovietica questa pratica introdotta da Gorbaciov non ho avuto successo è stato unicamente perché il sistema dei kolkol aveva a tal punto tolto tutto il senso di iniziativa ai contadini funzionari che essi si trovavano improvvisamente davanti a compiti che andavano aldilà delle loro capacità. Non si ha avuto pazienza: in due o tre anni la rotazione sarebbe stata terminata. C'è sempre lo stesso handicap: ci si aspetta dal governo la soluzione di tutti i problemi, invece di vedere che esso dovrebbe limitarsi a garantire le condizioni che permettano all'iniziativa di svilupparsi. È interessante notare inoltre che, al prezzo medio attuale degli "affitti dei fondi rustici", le collettività avrebbero di che provvedere ai bisogni della popolazione non produttiva (bambini, malati, anziani) un fenomeno di auto regolazione vitale come succede in natura. Ma nel regno umano ciò che importa è riconoscerlo e applicarlo in maniera cosciente. Il terzo elemento che non è una merce, anche se viene trattato e considerato come tale secondo un uso radicato, quasi universale, e il lavoro. Il lavoro è il frutto della facoltà più sagra è intoccabile dell'uomo, la sua creatività. Farne oggetto di compravendita equivale a ridurre in schiavitù. Nell'antichità e fino al XVIII secolo si compravano e si vendevano uomini, e diventavano oggetti ventiquattr'ore su 24. Ora li si compra e li si vende "Per 40 (o 35) ore settimanali” le esigenze salariali non saranno mai appagate, poiché non si tratta, in realtà di una questione di quantità ma di dignità il lavoro è invendibile. Esso rappresenta il diritto di uomini di ogni uomo ammettere le sue capacità a disposizione della comunità per la sua evoluzione. Abbiamo già menzionato il fatto che gli uomini, oggi, hanno tutti bisogno gli uni degli altri. Sono inseriti esistenzialmente in questa solidarietà, hanno bisogno di servire a qualcosa.sentirsi inutili è una delle prove più dolorose insopportabili. In realtà ognuno offre effettivamente il suo lavoro per i bisogni degli altri e ognuno raccoglie i frutti del lavoro altrui per soddisfare i propri bisogni. La divisione degli uomini in due classi, quella dei datori di lavoro è quella dei dipendenti, è una pura astrazione, se non addirittura un’assurdità. Ogni uomo, che faccia invenzioni, che elabori piani, che venda, che lavori con le proprie mani, che organizzi, che faccia i conti, è un produttore e ogni uomo è un consumatore. Uno degli slogan più sbagliati del 68 è stato quello contro la"Società dei consumi", come se esistesse sulla terra un solo uomo o una sola collettività che non consuma! Bisognava parlare di "società del profitto”, di quella società, cioè, che approfitta del lavoro degli altri senza offrire una contropartita equivalente, che è la necessaria conseguenza dell'attuale sistema monetario. Siamo tutti i produttori. L'equa determinazione delle remunerazioni dovrebbe essere deciso dal comitato di impresa di cui facciano parte tutti i lavoratori che contribuiscono alla produzione di uno stesso genere di merce, sulla base del consenso reciproco espresso sotto forma di contratto di lavoro. Su vasta scala si stabilirebbe naturalmente una tabella media che rifletterebbe i bisogni reali della società quanto alla manodopera e che servirebbe da indicatore nei casi particolari. Così tutti i lavoratori eserciterebbero insieme la funzione di datore di lavoro e sarebbero dipendenti di se stessi e non più strumenti passivi nelle mani di coloro che li hanno comprati e che li utilizzano a loro piacimento. Avendo preso coscienza della nostra interdipendenza e della nostra solidarietà, potremmo democraticamente accordarci nei apri "consigli di impresa" sulle nostre reciproche remunerazioni come su un diritto. Se il denaro ridiventasse moneta di scambio veritiera, consumandosi con il passare del tempo, se il capitale, i fondi terrieri e il lavoro perdessero il loro carattere di merce e ritrovassero la loro vera funzione di diritto da discutersi e da decidersi sotto il controllo dello Stato democratico, essi non sarebbero più un veleno sociale e riguarderebbero il loro valore di mediazione tra gli uomini. Siamo pienamente coscienti dell'immenso sforzo di comprensione e di profondo cambiamento che questo implica nel campo di tutte le nostre abitudini mentali e pratiche e del fatto che, se lo sforzo di comprensione e di osservazione reale dei fatti non viene svolto liberamente e volontariamente, saremo ineluttabilmente posti davanti alle conseguenze della routine e della illogicità, per non dire davanti alle perversioni attuali, che non useranno certo il linguaggio della dolcezza e della persuasione ma quello del crollo radicale della nostra civiltà. Il 15 novembre 1918, nella sua prima conferenza dopo l'armistizio dell'11 novembre, Rudolf Steiner abbozzò un quadro della situazione nell'Europa centrale, affermando che, "nell'atroce catastrofe" in cui si trovava, la grande rivendicazioni proletarie nei riguardi dell'ideologia borghese era quella di prendere il posto di quella stessa borghesia in nome dell'ideologia socialista, e questo avrebbe provocato una reazione di feroce recrudescenza del nazionalismo, se gli spiriti fossero rimasti passivi in quei momenti decisivi. Non pronuncio mai direttamente il termine “nazionalsocialismo”, ma descrisse esattamente il processo che portò adesso, provo a risvegliare le coscienze mettendole davanti ai fatti reali. Il 26 ottobre 1919, a Zurigo, Rudolf Steiner pronunciò le seguenti parole: "basterà che coloro che hanno in mano il governo dell'Europa dell'est lo mantengono per un tempo abbastanza lungo perché essi stessi portino all'assurdo la teoria marxista. Il marxismo si confuterò da solo”. Un ascoltatore gli domandò quanto tempo bisognasse aspettare per tutto ciò e Steiner rispose: “circa settant’anni”. Quello fu l'anno in cui venne fucilata la famiglia dello Zar ed esattamente settant'anni dopo c'è stata la caduta “della cortina di ferro”. Il libro "i punti fondamentali della questione sociale" apparso quell'anno fu accompagnato da un "appello al popolo tedesco e al mondo civile" fu seguito poi nel 1922 da "i capisaldi dell’economia". Queste due opere -senza menzionare le numerose conferenze fatte in diversi paesi europei, davanti agli operai, i contadini, agli intellettuali, agli economisti e ai pedagoghi- esigono dai loro lettori un'attenzione costante poiché fanno appello ad una forza di pensiero concreto e realista. Si rivolgono a lettori decisi a guardare la realtà in faccia, a tenere gli occhi aperti e i cuori pronti ad agire se essi hanno la tenacia di arrivare fino alla fine di una lettura esigente è la volontà paziente di mettersi all'opera, allora prepareranno la nascita di un nuovo ordine sociale. Gerard Klockenbring (17.12 1921- 30.12.2004) Nasce in Alsazia. Studia teologia protestante e dal 1948 diviene sacerdote della Comunità dei Cristiani prima a Strasburgo, poi a Parigi, fino alla sua dipartita. È stato condirettore della Scuola Superiore della Comunità dei Cristiani di Stoccarda, insieme a Friederich Benesch, Hans Werner Schroeder e Michel Debus. È stato uno dei fondatori della Comunità dei Cristiani in Francia. Ha scritto moltissimi libri di Antroposofia tra cui: “Il denaro, l’oro e la coscienza”. |
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ISCRIZIONI APERTE: FORMAZIONE IN AGRICOLTURA BIODINAMICA E ECOLOGIA 2-3 ottobre 2021 in Sicilia FORMAZIONE INSEGNANTI "CONOSCERE L'ADOLESCENZA" 30-31 ottobre 2021 |
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