UN ITALIAN OPERA SINNER ARBITRA IL TEMPO

Questo in foto è un cantante d'Opera italiana vero e proprio:

(QUANTI, dei miei scritti, in un solo scatto - tra estratti del libro e newsletter!

Se vi siete persi quella di novembre su GUCCIO GUCCI, recuperate QUI.)

Jannik Sinner è un tirolese madrelingua tedesco (e ladino, il che amplifica il suo senso del costrutto), che ha rifinito il suo italiano e le sue skills tennistiche in Liguria, quando era già un adolescente.

È stato verso i 13 anni che, trasferendosi da una lingua, e da una mentalità, dove l'ordine di apparizione cronologico dei sintagmi deve essere rigidamente rispettato, pena la computazione della frase e del suo significato, il campione si è immerso in una lingua, e in una mentalità, in cui ciò che accade tra gli smash delle toniche è puro magma quantistico, nel senso che ognuno ci vede letteralmente ciò che crede - pur capendo ugualmente cosa sta succedendo: il che, per un sassofono, è una mezza magia.

 

Un osservatore del quantismo relativistico italico deve essere messo in condizioni di presumere gli omissis tra le toniche, ricostruendoseli - talvolta in maniera piuttosto arbitraria - nella mente, e quasi sempre in modo retrospettivo, rispetto a quanto udito in real time.

 

(Del resto, ciascuno è arbitro del proprio destino; ciò soprattutto in Italia, dove il motto nacque, ed io oggi lo completo con ...e del proprio tempo.)

 

Questa recherche del tempo perduto, questa ricostruzione dell'omesso è favorita da una rete connettiva precedentemente fornita all'osservatore, sapientemente in lui tessuta, che fa da griglia al di lui arbitraggio; da carta millimetrata alle sue architetture mentali.

 

Paragrafo denso, lo so, però la prossima foto lo sintetizza bene: il quadrettato ordinato - eppur non esattamente geometrico - della rete, prospetta campi di future vittorie, già preordinate - come fossero album in uscita - mentre contrasta col riccio, curvo e selvaggio, fulvo e dunque vibratoriamente consustanziale alla terra del campo stesso, spiraleggiante come il dna: un riccio, in altre parole, assolutamente quantistico e nei cui meandri sarebbe impossibile addentrarsi.

Cosa pensa e come pensa quest'uomo? è crucco o italico? è affidabile e puntuale o se la tira e ti fa aspettare? è un tirolese da sposare o un ladin lover? ha il culo per terra o è miliardario?

 

È solo il logo a indirizzarci, nell'interpretazione: quest'uomo è semplicemente Made in Italy: è un'Opera d'arte: è un modus (io direi tetrardus) anzi, è un modus femmina: è moda.


Ma noi, in questa pubblicità, cosa dobbiamo ve(n)dere? Nientemeno che il polso della situazione; il Tempo (solo per i povery: l'orologio).

Questa pubblicità è Opera italiana; l'Opera italiana era pubblicità.
Del polso campione.

Nel capitolo VII di Cantare Italiano - intitolato "Come Studiare" - scrivo:

 

«Un tennista non prende la decisione di quale movimento imprimere al proprio braccio quando la palla, sparatagli dall’avversario a 250km/h, è già a destinazione. Un tennista appronta il colpo sin da prima di sentir schioccare quello dell’avversario - dacché, da quello schiocco, avrà appena un terzo di secondo prima di dover ribattere; non ha senso che si concentri né sul braccio, né sulla la racchetta, la cui impugnatura è monitorata da una memoria fisica consolidata e vigile nel background della sua mente: l’impulso cerebrale informerà il movimento del braccio ed esso sarà del tutto stabilito prima che esso si muova. La prevedibilità è un fattore cruciale nella velocità e nell’agilità; dal vivo non ci saranno che pochissimi aggiustamenti.

Il cervello istruisce prima che il corpo esegua, anche dove c’è un’apparenza di perfetta sincronicità. (Ciò ammesso che il cervello istruisca - tout court; ammesso, cioè, che il cantante sia consapevole che il lavoro istruttorio mentale tocca a lui, al suo cervello e alla sua concentrazione, e non si aspetti di cantare così, per miracolo, o talento, o fortuna.)»
 

Ecco.
Al pari di quella del tennista campione, anche l'arte del cantante d'Opera è quella della manipolazione del tempo. Che è altresì manipolazione della percezione dell'ascoltatore. E in primis il cantante stesso, che emette, è ascoltatore. L'ascoltatore - chicchessia - deve impararsi a non ascoltare linearmente, à la tedesca, ma a contare, all'italiana, solo sull'inventiva del proprio cervello, nel ricostruire i fatti tra le toniche.

 

Perché il Tempo non esiste, esiste solo la sua percezione e osservazione.

L'Italiano questo lo sa, lo ha sempre saputo.

 

Tra due tennisti bravi, vince il manipolatore migliore: quello che riesce, a un tempo, a creare un contesto di altissima prevedibilità, restando, nei meandri di questo contesto - che vengono abbandonati con fiducia al libero arbitrio dell'ascoltatore - a restare del tutto imprevedibile.


Il tennista imprevedibile, che assicura l'orecchio senza mai annoiarlo, vince.

Il tennista che è quarato e terra terra, ma con sprezzatura, vince.

Il tennista che si fida della capacità del pubblico di mangiare la foglia delle piante ascose, vince.
Il tennista chiaroscuro e prospettico, vince: e Gucci ci mette la firma, e lo riconosce come Made in Italy. E Gucci era amico, oltre che personaggio, di Puccini.

Se l'italiano cantato lo è a tactus di Wimbledon, come in un concertato rossiniano, è davvero simile a un match di tennis: quello che segui è uno scambio di toniche (ma manco tutte tutte) e, se i giocatori sono tali, e sono professionisti, è impossibile dire cosa accada nel mezzo. E così sia.

 

La traiettoria della palla e della linea vocale sia un visionario fil di fumo, fatto di eteree schwa che rassicurano il legato e il senso dello spaziotempo lineare, lasciando adito alla visione.

 

Paradossalmente, nelle scene più affollate, di tempo e strumenti, lo spazio acustico si svuoti: come in un dipinto, la prospettiva estrema funziona tanto meglio, quanti meno sono gli elementi coinvolti.

 

Se un neurologo studiasse cosa accade nel cervello umano durante una partita di tennis, troverebbe che si tratta della stessa predizione musicale che sta alla base della comprensione di un concertato rossiniano.

Nessuno si sognerebbe, mentre gioca un Sinner, di non tenere gli occhi sui manipolatori (e ce n'è a mala pena il tempo materiale), per tenerli fissi sulla traiettoria della palla-proiettile, pressoché invisibile: eppure, la maggior parte di voi è esattamente così che canta, perdendosi il gioco interamente, ciccini: con le palle degli occhi costantemente e punto per punto sulla palla della voce: con un risultato, ça va sans dire, very PALLOSO.

Cosa c'è di più prevedibile di un italiano. E cosa c'è, di più imprevedibile. L'italiano è gatto di Schroedinger per natura: largo al factotum, ma presto a bottega; il suo segreto è trovare il largo, nel presto.

Tu tieni il polso, loro si credano il resto come je pare. E avranno gusto, di tal dottrina! Diventeranno, nel processo, perfino più creativi: lascia fare!


Ci accusano di essere ritardatari, ma siamo quelli sul pezzo: da mò.

 

Passa al lato arbitrario: clicca qui sotto per accettare tutti i Gucci.

 

La Maestra

PS: I loghi sono/il logos è - roba potentissima.

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